[ Codice etico deontologico degli insegnanti ] Il Prof. Carlo Flamigni è ordinario di ginecologia all'Università di Bologna, clinico e scienziato di fama internazionale. |
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SUL CODICE ETICO DEONTOLOGICO DELLE PROFESSIONI Prof. Carlo Flamigni
IL CODICE ETICO DEONTOLOGICO DEI MEDICI La tradizione deontologica della medicina occidentale riconosce contenuti etici al rapporto che si instaura tra medico e paziente. Nellinterpretazione tradizionale che è stata data allelaborazione del cosiddetto "modello esplicativo" di questi contenuti si è voluto vedere un esempio tipico di paternalismo, cioè di inflessibile atteggiamento direttivo del medico sul paziente. I modelli teorici hanno subito una diversa elaborazione con lavvento della riflessione bioetica. Mi vengono in mente tre orientamenti:
Letica dei principi identifica quattro punti:
interpretati secondo due teorie etiche:
La deontologia fonda lobbligo morale sul valore intrinseco dellazione, indipendentemente dal concetto di bene e dalla valutazione delle conseguenze. La teoria dellutilitarismo identifica la ragione e lobiettivo della vita morale nella promozione del benessere valutato sulla base delle conseguenze dellazione, in funzione del calcolo della massimizzazione del bene e della minimizzazione del male (in senso collettivo), ove il bene e il male si definiscono con unottica antropologica sensista (ciò che va preferito/ciò che va evitato; il piacevole/lo spiacevole). Il rischio è di cadere nelletica della situazione (che si traduce nellesagerato interesse personale); diventa dunque importante che il giudizio sia stabilito valutando le conseguenze dellazione in rapporto a un codice generale o a un sistema di regole che si identificano con la massimizzazione dellutilità sociale. Il pericolo è naturalmente quello del relativismo etico. Letica della virtù nasce come reazione agli eccessi delletica dei principi. Centra la sua attenzione sullesperienza delluomo come soggetto morale, sulle motivazioni e sulla disposizione che agisce e che nellatto manifesta e potenzia le proprie qualità morali. Virtù, dunque, come qualità morale, la "disposizione del proponimento" secondo la definizione di Aristotele qualità stabile dellanima razionale che la spinge ad agire secondo il bene per il raggiungimento della felicità e dellesperienza-. Lipotesi è dunque quella di agire per il bene, usando le piccole virtù (o le disposizioni abituali): benevolenza, fedeltà alla fiducia, compassione, empatia, onestà intellettuale, competenza, prudenza. Si privilegia dunque il bene del paziente, non la sua autonomia né lutilità sociale. Letica personalista pone al centro della riflessione morale la persona e il rispetto per la persona. Nella variante ontologista che si conforma alla natura della persona umana, intesa razionalmente, ma senza preclusioni per il versante metafisico si può conciliare con letica dei principi e con letica della virtù. In questa accezione, si propone di giustificare il valore centrale della persona come criterio di discernimento tra ciò che è tecnicamente possibile e ciò che è tecnicamente lecito, sulla base di una antropologia fondata ontologicamente. Esiste una proposta integrativa principi/virtù nel quadro della bioetica personalista. I principi forniscono le indicazioni generali del comportamento; le virtù consentono il riconoscimento del comportamento buono, la motivazione del perché si deve ubbidire ai principi, linteriorizzazione della norma e lattuazione del dovere. Tra principi e virtù si instaura un rapporto di reciprocità: lattuazione del dovere è possibile se si è virtuosi; si è virtuosi se si rispettano gli obblighi morali. In effetti, letica medica accostata negli ordinamenti e negli intenti formativi alla deontologia è considerata da molti come una categoria dottrinaria impropria, essendo dubbia la sua idoneità a favorire la nervatura morale che dovrebbe comportare e ispirare ogni azione del medico. E la stessa natura della pratica medica a renderne fragile il sostegno "morale". La legittima adesione ad una ideologia religiosa o politica, rende particolarmente sfuggente il concetto di morale professionale e di etica medica, evidenziando una inevitabile pluralità di ideologie e di sentimenti, incompatibile con un'etica medica unitaria portatrice di doveri oggettivi comunemente accettati. La deontologia, dal canto suo, rappresenta la somma dei doveri professionali verso il paziente, verso la categoria medica, verso la società e le sue regole. Essa considera gli obblighi normativi incombenti sui medici, per lo più tradotti nei precetti professionali, sanitari e giuridici e in essa sono trasfusi i modelli di comportamenti ritenuti essenziali per le varie categorie sanitarie e che riguardano la salvaguardia del decoro, del prestigio, della buona efficienza tecnica e la garanzia dei comportamenti corretti nei confronti dei colleghi e degli utenti. La bioetica, infine, rappresenta la riflessione sui principi che garantiscono la dimensione umana della medicina e della scienza, rapportate allesistenza umana; essa dovrebbe tendere a realizzare la fisionomia ideale di un operatore sanitario capace con la forza emergente della sostanza umanistica di considerare la precaria oggettività dei doveri morali, di disporsi allascolto e alla decisione con consapevole e serena fermezza, interpretando in modo criticamente illuminato i propri doveri. I limiti delletica medica, della deontologia e della bioetica sono stati (e sono) oggetto di molte discussioni. In Italia, il cosiddetto "documento di Erice" (18/2/91) affida alla deontologia il compito di studiare le norme del comportamento professionale, una volta conclusa la discussione bioetica e tenendo conto delle leggi vigenti. E interessante rilevare il fatto che lOrdine dei Medici, più volte, ha completamente tradito questo mandato, anticipando le norme giuridiche e non tenendo in alcun conto la discussione ancora aperta sul versante della bioetica. In effetti, più che discutere sui problemi etici e deontologici in generale, la classe medica sembra particolarmente interessata allesame dei modelli di medicina che si stanno imponendo e, in particolare, alla contrapposizione tra il cosiddetto modello contrattuale e quello basato sull"etica della cura", molto pragmatico, con scarsi contenuti etici il primo, molto più virtuoso, ma forse troppo teorico il secondo. CODICE ETICO DEONTOLOGICO DEGLI INSEGNANTI Dopo aver letto con attenzione il documento presentato in questo Convegno mi sono venute in mente soprattutto alcune domande di ordine generale che mi sembrano rilevanti al fine di un giudizio meditato e sereno. La prima domanda è questa: a quale Paese deve adattarsi unetica dellinsegnamento come quella che traspare dalle regole che sono elencate nel Codice? Risponderei così:
La definizione positiva di democrazia è fragile ed è forse più accettabile una definizione "in negativo" (cioè cosa la democrazia deve evitare) cui associare quadri concettuali ben definiti: - il diritto di resistere ai poteri iniqui - la libera espressione dellindividualità - il disegno di istituzioni che consentano lallineamento di
critica e - la trasparenza della scelta delle classi dirigenti - la laicità dello stato e delle istituzioni - la moralità dei comportamenti e delle scelte politiche Il rapporto tra insegnamento, democrazia e morale, complesso ovunque, lo è particolarmente nel nostro Paese, nel quale esiste una pedagogia negativa, prodotta dalla frequente immoralità delle istituzioni pubbliche (e persino delle istituzioni morali per definizione) che ha determinato laccettazione quasi benevola di una serie di disvalori. Non è facile riparare la mancanza di partecipazione a quel destino comune che va sotto il nome di religione civile. Se consideriamo eticamente corretto un atteggiamento mentale per il quale ogni uomo dovrebbe propendere a rispondere dei propri atti alla propria coscienza civile, fino a sentire il peso e il valore del giudizio degli altri uomini ancor prima del valore e del peso della propria coscienza religiosa e dellautorità divina, dobbiamo ammettere di trovarci di fronte ad un compito difficile. Ma esistono istituzioni che debbono essere utilizzate per questo tentativo: la scuola, ad esempio che dovrebbe introdurre i giovani ai problemi della metaetica, ossia alle riflessioni sui fondamenti e le strutturazioni delletica, preparandoli a scelte consapevoli e autonome. Il che vuol dire, in linea di principio, a un Paese fondato su una concezione secolare del potere laico, che collochi sullo stesso piano tutte le confessioni religiose, concedendo ad esse di esercitare una influenza politica in rapporto alla propria rilevanza sociale in un assoluto, rigoroso rispetto delle autonomie reciproche. Gli sviluppi attuali del pensiero laico sono del tutto affrancati dalla tradizione anticlericale e dalla tendenza religiosa che hanno caratterizzato il laicismo ottocentesco nei paesi latini. Come dice Hans Kelsen, lattitudine alla tolleranza di pensiero propria del laicismo si afferma "quando la convinzione religiosa non è abbastanza forte da sopraffare linclinazione politica". Purtroppo la laicità può solo impregnare una sofferta cultura, ma non può essere oggetto di predicazione. Daltra parte, fino a quando i grandi valori del pensiero cristiano saranno indebitamente legati ad una professione di fede piuttosto che ad una cultura comune, indipendente da dogmi religiosi, i laici dovranno affrontare questioni di principio, liberandosi anche dallesecrabile tendenza a tollerare tutto, con una pazienza e una condiscendenza che potrebbero essere scambiate per spirito opportunistico. Credo che la discussione ormai inevitabile tra pensiero laico e pensiero religioso dovrà trovare i laici daccordo su almeno alcuni punti. Il primo è che non è vero che letica non possa avere che un fondamento religioso (mentre è vero che il pensiero debole può dirsi tale solo perché ha avuto la forza di rinunciare ai dogmi e di coltivare la religione del dubbio). Per il secondo punto mi rifaccio ad un articolo di Jemolo che scriveva, nel 1956, che i laici credenti possono osservare, nelle piccole e nelle grandi cose, tutti i precetti della Chiesa, ma hanno però accettato una premessa, che quei precetti non possono avere altra sanzione che quella ecclesiastica; che mai si possa pretendere dallo stato un qualsiasi appoggio a quelle prescrizioni; che la legge dello stato debba potersi imporre a credenti e non credenti senza offendere i sentimenti né degli uni né degli altri. Non credo che i laici debbano predicare. Debbono invece lavorare in unottica di altruismo e di cooperazione, nella convinzione che laltruismo è utile e vantaggioso perché è frutto di un patto di specie, senza altri aggettivi o connotati di virtù. Per questo credo che un Paese laico debba difendere i privilegi e le leggi per le quali si sono battute la morale e la filosofia laica: la scuola laica, democratica e liberale, uguale per tutti; la legge sullaborto; un concetto di famiglia aderente alla realtà sociale; una solidarietà sociale basata sullappartenenza ad una stessa religione civile; un concetto moderno di umanità condivisa; una ricerca scientifica sottoposta solo al controllo sociale, ma libera da paure neo-inquisitorie. Tra i vari quadri concettuali che ho proposto, non sono sicuro che quello relativo alla laicità dello stato e delle istituzioni sia il più importante; probabilmente è solo quello che mi preme di più. E persino probabile che la parola "laico" sia soltanto un "meme", una unità concettuale (o talora persino unespressione verbale particolarmente fortunata) che tende spontaneamente a diffondersi e a riprodursi nel brodo culturale. Ma quante altre parole, parole alle quali, sono certo, molti di noi attribuiscono valore straordinario, possono sottrarsi a questo sospetto? Anche la democrazia potrebbe essere un meme. E certamente potrebbero essere un meme le riforme, o la libertà di insegnamento. E vero che anche lo stato liberale , il terzo punto di cui voglio parlare , potrebbe essere un meme. Certamente è, molto spesso, più una speranza che una realtà. Una società liberale deve dare risposte ai problemi etici in modo certamente diverso da quello scelto da una qualsiasi società non democratica, sia essa di tipo teocratico, autoritario, paternalistico o tradizionale. Lautonomia individuale, cioè il diritto di scegliere il proprio modo di vivere, costituisce il valore supremo. Ne deriva una divisione molto netta tra sfera della morale personale e sfera della legge; ne deriva altresì che la società liberale è contraddistinta dal pluralismo etico, che consente ai suoi membri di abbracciare unampia varietà di posizioni sul piano etico e sul piano religioso così che non può esistere alcun consenso sociale determinato rispetto a una serie di valori fondamentali. Tutto ciò crea un problema molto importante circa la libertà di insegnamento, che non può essere certamente interpretata come libertà di trasmettere i propri principi o i propri valori, ma come capacità di costruire liberamente - una libertà soggettiva capace di scegliere e abbracciare i principi e i valori considerati migliori. Lideale di società liberale, con le sue implicazioni etiche, assume la funzione della Polis di Platone unutopia che consente di capire la realtà perché ci mette in grado di valutare lattuale situazione delletica nella nostra società. In molte società liberali i valori delletica esistono in modo contraddittorio e si notano eclatanti incoerenze circa il modo in cui questi valori vengono applicati. Ne deriva che il rispetto dellautonomia personale - quella che esiste e quella che si deve formare - è spesso mescolato con varie forme di paternalismo e di ingerenza autoritaria. Lo stato, la legge, la scuola, sono spesso responsabili di intolleranza e di atteggiamenti illiberali, e tutto ciò ha certamente un aspetto politico. E vero, come dice Bering, che lideale liberale è possibile solo in circostanze rare e particolari; ma è vero anche che questo ideale dovrebbe essere riconosciuto e onorato come uno dei più preziosi sviluppi della coscienza sociale del genere umano. Purtroppo il pragmatismo politico sembra ormai coincidere con la rinuncia a costruire la società intorno a un nucleo di principi irrinunciabili. E se è vero che la vecchia questione posta da Sartre, che si chiedeva se esistono valori per i quali è giustificato rinunciare alla propria libertà, trova ancora risposte negative non si vende la libertà per il potere è vero anche, purtroppo, che su questa enunciazione esiste ancora un aspro dibattito. Concludo. Se il codice deontologico ed etico per i docenti dovrà essere quello che è stato presentato oggi, non vi è dubbio che la sua applicazione richiederà, ai docenti, la capacità di applicare letica della virtù e la propensione ad agire laicamente. Le due cose sono strettamente connesse: non si è virtuosi se non si rispettano gli obblighi morali, ed è obbligo morale di ciascun insegnante esercitare una serie di virtù che trovano un comune denominatore nei principi della laicità. Ecco perché ritengo molto difficile che scuole confessionali musulmane o cristiane che siano possano essere virtuose. Non impossibile: molto difficile. Costruire un ambiente culturale idoneo allo sviluppo intellettuale, morale e sociale di un nuovo cittadino è dunque nelle possibilità di una scuola laica e virtuosa. Esiste certamente "unisola delle scelte condivise" nella quale questo ambiente può essere costruito senza conflitti. |