A CHE PUNTO E’ IL DIBATTITO SUL
CODICE DEONTOLOGICO di Alessandra Cenerini |
Quando nel Novembre del 2001 il ministro Moratti costituì una commissione con il compito di “definire criteri per un codice deontologico del personale della scuola che consenta alla categoria di veder tutelata la propria dignità, sia personale che professionale, anche al fine di potenziare la qualità del sistema scolastico”,
accettai di buon grado di farne parte perché questo tema era da tempo al centro del dibattito della nostra associazione.
L’ADi aveva infatti assunto l’impegno, al momento della sua costituzione alla fine del 1998, di elaborare il codice etico-deontologico
e gli standard o norme della professione docente
(“che cosa dovrebbero sapere e saper fare gli insegnanti”), poiché li riteneva strumenti necessari e indispensabili per ricostruire l’identità professionale, sviluppare il senso di appartenenza alla propria comunità scientifica, dare riferimenti certi e coerenti a forme di valutazione e autovalutazione dell’attività educativa.
Su questi temi l’associazione ha poi prodotto convegni nazionali, seminari e aggiornamenti che hanno rivitalizzato nel nostro Paese un dibattito che sulla deontologia era sopito da anni e che sugli standard professionali era rimasto allo stato latente, con proposte ferme a una
definizione generale del profilo professionale.
La “Raccomandazione sullo status degli insegnanti” dell’UNESCO-OIT del 1966
La necessità di definire
codici deontologici e standard professionali era già stata autorevolmente posta dall’UNESCO con la “Raccomandazione sullo status degli insegnanti
” del lontano 1966.
La Raccomandazione
costituisce ancora oggi il più autorevole richiamo a tutti gli Stati perché riconoscano l’insegnamento come vera e propria “professione”. Una professione che per essere tale ha, per l’appunto, bisogno di definire e far rispettare, attraverso propri organismi, specifici standard professionali e codici etici, come recitano alcuni articoli della Raccomandazione stessa:
“L’insegnamento deve essere considerato una professione i cui membri assicurano un servizio pubblico, tale professione richiede non solo conoscenze approfondite e competenze specifiche, acquisite e mantenute attraverso studi
rigorosi e continui, ma anche senso di responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’educazione e del benessere degli allievi” (
art.6)
“Considerato che lo status della professione dipende in grande misura dal comportamento degli insegnanti stessi, tutti i docenti dovrebbero perseguire i più alti standard professionali nell’assolvimento della loro attività”
(art.70).
“Gli standard professionali
dovrebbero essere stabiliti e fatti rispettare con il concorso degli organismi degli insegnanti.”
(art.71).
“Gli organismi degli insegnanti dovrebbero ugualmente predisporre e far osservare codici etici o di comportamento , poiché questi
contribuiscono grandemente ad assicurare il prestigio della professione e lo svolgimento dei doveri professionali sulla base di principi concordati
.” (art.73)
Quella lontana Raccomandazione aveva dunque già enucleato con estrema chiarezza i principi su cui si fonda la trasformazione degli insegnanti in una categoria professionale.
La linea appare chiara e potrebbe oggi essere espressa attraverso le seguenti proposizioni:
perché l’insegnamento sia riconosciuto come professione devono essere esplicitati alti standard professionali e un codice etico
standard e codice devono essere definiti e gestiti dagli insegnanti
attraverso propri organismi, poichè l’insegnamento, come tutte le professioni riconosciute, si fonda sull’autonomia del corpo professionale
A tutt’oggi, a livello internazionale, le posizioni più avanzate sulla questione docente hanno rilanciato e puntualizzato questi principi fondamentali.
Alcune esperienze internazionali
I Paesi dove gli insegnanti hanno elaborato un proprio codice deontologico sono principalmente quelli in cui è stata riconosciuta la necessità di costruire organismi di autogoverno della professione, primo fra tutti la Gran Bretagna (a cominciare dalla Scozia che costituì il suo GTC, General Teaching Council , nel 1966) a cui si sono affiancati molti Paesi che con il Regno Unito mantengono solidi legami (alcuni stati dell’Australia e Nuova Zelanda, alcune province del Canada, Hong Kong, Il Sud Africa).
L’altra situazione, in cui sono stati elaborati codici etici degli insegnanti è rappresentata da quei Paesi dove le associazioni professionali hanno il peso di veri e propri organismi di autogoverno della professione, primo fra tutti gli Stai Uniti, dove il codice dei docenti è stato, per esempio, adottato dalla fortissima NEA . Un altro caso interessante è quello della Svizzera romanda, dove nel 1997, dopo un dibattito che si protraeva da anni, l’assemblea dei delegati della SPR, Société Pédagogique Romande , ha adottato un codice deontologico attivo nei confronti dei propri membri.
La posizione dell’Internazionale dell’Educazione (IE)
A questo tema non è rimasta insensibile
l’Internazionale dell’Educazione (IE),
la più grande federazione mondiale di sindacati degli insegnanti, alla quale aderiscono 311 organizzazioni con 25 milioni di affiliati.
Il 29 luglio 2001 in occasione del suo terzo Congresso mondiale, riunito a
Jomtien in Tailandia, l’IE ha adottato una specifica “Dichiarazione sull’etica professionale”,
specificando che essa “
rappresenta un impegno individuale e collettivo del personale della scuola nei confronti dei diversi attori dell’educazione e dell’insieme della società. E’ complementare alle leggi, statuti, regolamenti e programmi che definiscono l’esercizio della professione. E’ anche uno strumento per aiutare il personale insegnante ed educativo a dare risposte alle questioni connesse alla condotta
professionale e ai problemi posti nelle relazioni con i diversi attori dell’educazione”.
Come già fatto per la Raccomandazione dell’UNESCO, l’ADi si è assunta il compito di mettere a disposizione dei colleghi e di quanti si occupano di scuola
la traduzione italiana del testo, che
pubblichiamo ora per la prima volta sul nostro sito.
La Raccomandazione dell’IE costituisce una nuova importante sollecitazione a considerare l’etica professionale tema centrale nel processo di professionalizzazione dell’insegnamento.
Lo stato dei lavori della Commissione ministeriale
Indicazioni generali e tempi
Il dibattito in seno alla commissione varata dal ministro Moratti ha fin dall’inizio chiarito che non poteva essere suo compito stendere una proposta di codice, ma piuttosto esplicitare le motivazioni che sottendono la necessità di un codice degli insegnanti, raccogliere e documentare le esperienze finora realizzate, e infine indicare uno o più possibili percorsi attraverso i quali gli insegnanti italiani avrebbero potuto arrivare a dotarsi di proprie norme di comportamento etico deontologico.
La commissione si è articolata in tre sottogruppi, e alla fine ha indicato tre componenti per redigere, sulla base del materiale prodotto, un documento finale da votare in commissione plenaria entro il termine indicato dal decreto, ossia il 31 maggio.
L’8 di maggio il gruppo terminava i suoi lavori e li consegnava nelle mani del Presidente.
Da allora, per una serie di motivazioni che non ci sono state rese note, la commissione plenaria non è stata più riunita, e nessun documento è ancora stato, ai primi di settembre 2002, ufficializzato.
Alcune ipotesi emerse nella commissione
Pur in assenza di un documento finale ufficiale, e quindi ancora soggette a modificazioni e/o arricchimenti, alcune ipotesi sono state delineate. Proveremo qui, in maniera molto schematica e approssimativa a indicarne alcune:
La docenza è una funzione complessa che richiede di agire su più piani. Si riconosce che per valorizzare la professione degli insegnanti occorre intervenire su più piani, quello legislativo attraverso la definizione di un nuovo stato giuridico degli insegnanti, quello contrattuale e quello professionale. Allo stato giuridico dovrebbe spettare, oltre alle materie specifiche ad esso assegnate dalla legge (definizione generale della funzione docente e della libertà di insegnamento, formazione iniziale e continua, modalità di reclutamento, svolgimento del periodo di prova, creazione di nuove figure professionali della docenza), anche l’indicazione dei diritti e dei doveri fondamentali degli insegnanti, che stabiliscano il quadro generale entro cui il corpo professionale, nella sua autonomia, dovrebbe sviluppare il proprio codice deontologico e i propri standard professionali. E’ interessante a questo proposito ricordare che la bozza di Stato giuridico degli insegnanti spagnoli tuttora in discussione riporta uno specifico articolo sui “valori etici della docenza: Artículo 5.- Valores éticos del servicio público docente. Son valores éticos del servicio público docente la integridad, la neutralidad, la imparcialidad, la transparencia en el desempeño de la actividad docente, la receptividad, la responsabilidad profesional, el interés público y el servicio a los ciudadanos. Las Administraciones educativas fomentarán modelos de conducta del personal a su servicio que integren los valores éticos del servicio público docente en su actuación profesional y en sus relaciones con los ciudadanos”.
Un possibile organo di autogoverno della professione . La specifica definizione del codice deontologico così come degli standard professionali sono compito della professione stessa. Questo richiede la costituzione di un organismo di autogoverno della docenza. Esistono due soluzioni fino ad oggi praticate nella costruzione degli organismi autonomi delle professioni: a) quella dell’ Ordine professionale, che è la soluzione italiana nata con le libere professioni, collegate al mercato, e del tutto autoreferenziale; b) la soluzione anglosassone del General Council, dove accanto a una maggioranza di professionisti eletti, sono previste anche rappresentanze delle istituzioni . L’organismo di autogoverno della docenza è, in entrambi i casi, definito per legge, ma non vi è dubbio che esso debba coinvolgere a livello capillare gli insegnanti e le loro associazioni e non possa essere proposto come atto unilaterale del governo, pena la sua delegittimazione prima ancora di essere varato. Non potrà però nemmeno essere oggetto di contrattazione sindacale. Non è ambito né materia per interventi sindacali. Ci dovrebbe essere invece ampio spazio per l’associazionismo professionale, che dovrebbe essere in tal senso valorizzato e recuperato, come componente fondamentale della professione .
Una necessaria distinzione fra tre codici: codice deontologico, codice di comportamento, codice di disciplina. Un’ulteriore questione da chiarire nella ridefinizione della professione docente- professione che ha una propria autonomia, ma è insieme pubblica e dipendente- è l’intreccio fra tre codici: codice deontologico,
codice di comportamento previsto dall’art. 54 del D. lgs. 165/2001,
codice di disciplina . Se la definizione del codice deontologico è compito del corpo professionale, il codice di disciplina è materia contrattuale e va
definito all’interno del contratto di lavoro. Per quanto concerne invece la definizione di un ulteriore codice di comportamento, esso risulterebbe sovrabbondante rispetto a quello deontologico.
Un codice o tanti codici? Si è posto anche il problema se sia più efficace la formulazione di un solo codice generale per tutti gli insegnanti o la specifica formulazione di codici assunti dai docenti delle scuole autonome. Le due ipotesi non appaiono in contraddizione. Se è vero che il codice deontologico, come gli standard professionali, servono a creare l’identità professionale, a “dare un volto” alla professione docente, rendendone espliciti e riconoscibili i suoi tratti, non vi è dubbio che vi debba essere un codice deontologico generale della professione. Ciò non toglie che entro il quadro generale definito, i docenti delle singole scuole autonome elaborino proprie regole professionali più aderenti alla specifica situazione in cui si trovano ad operare. E’ infatti estremamente importante il processo che conduce all’assunzione e condivisione di regole di comportamento, ancor più del “prodotto” stesso. In tutte le società avanzate le etiche professionali sono diventate un elemento molto importante, sono strumenti per fronteggiare rilevanti necessità sociali. Non si tratta quindi di rigide, assolute norme comportamentali, bensì di regole deontologiche adeguate ai problemi che si devono affrontare. La capacità di individuare comportamenti capaci di dare risposta ai bisogni reali della società, rappresenta infatti una delle condizioni essenziali perché le società possano progredire.
Alcune valutazioni conclusive
Una nuova professionalizzazione degli insegnanti comporta, come si è visto, un’azione coordinata su più piani: legislativo, contrattuale, professionale. Ci possono essere tempi e modalità diverse di intervento, ma ciò da cui non si può prescindere è una strategia unitaria, sostenuta da una chiara visione di dove si vuole arrivare. Questo comporta visioni e volontà sufficientemente concordi e coordinate fra tutti i soggetti coinvolti nel processo. E’ dunque importante che ministero, sindacati e associazioni professionali si confrontino in modo serrato e approfondito sui temi sopraindicati nella ricerca di una linea d’azione comune.
Sul tema specifico del codice deontologico, degli standard professionali e dell’organismo di autogoverno della professione sarebbe di grande rilevanza un’azione comune delle associazioni professionali degli insegnanti. Per quello che ci compete, faremo il possibile per contribuire ad andare al merito delle questioni nella concreta ricerca di comuni linee di azione.