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Tre mesi dopo Monti, l'insegnante Clemente Rebora interveniva anche lui sulla pagine della "Voce" di Prezzolini per alcune riflessioni sul suo mestiere di insegnante. Infatti era supplente in ben cinque sezioni delle scuole tecniche di Treviglio, a 34 chilometri da Milano. Soffriva il disagio dei treni, la stanchezza, l'insofferenza per lo spreco di tempo "nella miseria e nella carneficina spettrale dell'ambientino pedagogo e pedagogico". Solo dopo aver tentato più volte il concorso riuscì nel 1914 ed entrare come ordinario nelle scuole tecniche. Gli fu assegnato l'insegnamento di italiano al Galileo Ferraris di Novara. Quaranta ore settimanali di lavoro: dalle 6 alle 19 a Novara, poi le Serali a Milano. Un ritmo così massacrante costrinse presto Rebora a lasciare queste ultime. Continuò comunque a lamentare il proprio "lavoro da ciucio a Novara dal mattino alla sera", le lungaggini della burocrazia scolastica, i vincoli imposti all'insegnamento dell'italiano, le costose pratiche necessarie per ogni anche elementare richiesta (come la riduzione dei biglietti ferroviari), la lentezza statale nel retribuire i professori. Per fortuna c'erano gli alunni: "l'unico respiro è il trovarmi coi ragazzi e le ragazze; qui mi ritrovo sempre; e non chiederei altro, per guadagnarmi il pane".
Come insegnante, Rebora era rispettoso di quelle norme di cui non approvava lo spirito, puntuale e formalmente corretto. Pensava infatti che l'eterno, il vero, i valori intramontabili si debbono attuare proprio nell'atto quotidiano, nel tenere dignitosamente testa ad ogni anche minimo impegno. Le sue riflessioni sull'insegnamento della lingua italiana nelle scuole serali, portano il segno di questo suo rigore che non gli impediva di comprendere i suoi studenti e di cogliere i difetti e le contraddizioni delle prescrizioni ufficiali e del programma ("Il quale è ancora manchevole e a vicenda pletorico: scarso di senso pratico, di adattamento, d'inquadratura; privo di quel che dovrebb'essere un sapere immediatamente tecnico, un'educazione materiata di cose. E quando dico programma, intendo programma-uomini"). di fronte ai bisogni e agli interessi vivi di questi "strani" alunni delle serali: "quanta presa di possesso in talune adeguatezze felici! Mediante richiami all'oggi, il sotterfugio della politica, la lotta degli egoismi sociali conducenti a razionalità, le grandezze eroiche dei singoli e dei popoli, sono qualche volta intuite con "disinteresse", in un baleno propizio. Nell'ambito del loro mondo, è non di rado precisa la visione della difficoltà quotidiana e umana; e trapelano - fra desideri quasi brutali di salire, nell'orgoglio del mestiere padroneggiato, nella sensualità dell'azione e dell'inerzia e dei bassi godimenti - fantasie improvvise e gentili, squisitezze di sensibilità e di aspirazioni".
1/4 Le serali superiori, ripartite oggi in otto scuole con 3566 iscritti, comprendono normalmente quattro corsi, ai quali vennero da poco tempo aggiunte, in due rioni della città, una quinta e sesta classe di perfezionamento, con ottimo risultato. Vi si accede dalle elementari con pochissime formalità, mediante un lieve tassa (tre lire) rimborsata in fin d'anno a chi abbia conseguita l'idoneità nella condotta (8/l0) e nel profitto (6/10). Se n'esce con un diploma che permette agli abili di salir con maggior rapidità la gerarchia del lavoro, o di approfondire l'indirizzo tecnico scelto in corsi speciali di elettricità, disegno, contabilità, ecc., affidati a uomini competentissimi, viventi nel battito degli affari (l'Umanitaria tiene la palma in questo tipo di scuole). La qualità degli studi e le modalità dell'insegnamento attestano ottime intenzioni d'insieme, ma rivelano un'imprecisa visione dell'utile singolo; troppo si sfalda perciò nell'attuazione l'esigenza sana del "programma". Il quale è ancora manchevole e a vicenda pletorico: scarso di senso pratico, di adattamento, d'inquadratura; privo di quel che dovrebb'essere un sapere immediatamente tecnico, un'educazione materiata di cose. E quando dico programma, intendo programma-uomini. La sostanza è ancora fornita dal ciarpame delle scuole governative, sebbene a quando a quando semplificata o arricchita con vantaggio. Ma un lievito la pervade. È un calore di vita che si sprigiona dalla giornata stanca di ognuno, in queste ore sacrificate, sotto le lampadine serie di un'aula, per un interesse concreto; è uno sforzo di concludere che genera maggior intensità, favorita dalla strettezza delle ore disponibili (due per ogni sera non festiva, dall'ottobre all'aprile; e con poca speranza di studio a casa da parte degli allievi), e obbligata a una più rapida sintesi, o a sfrondare molto accademismo. il Corpo docente - scelto senza concorsi dal municipio e retribuito con precisione - assolve in generale abbastanza bene il proprio compito: quasi sempre poi con la migliore volontà, quantunque non o spaventino né ispezioni né vigili garanzie. Lo compongono pochi direttori di scuole elementari, molti insegnanti di scuole medie, qualche ragioniere e ingegnere esercitanti di giorno il loro libero ufficio: è guidato da direttori o professori di scuole tecniche con energica intelligenza e, per quanto mi consta, con amore scrupoloso, scevro di burocrazia; lo zelo, l'originalità dell'insegnamento è vegliata e tutelata, ma non di più. Bellissima cosa, anche se l'inettitudine di qualche coltivatore possa aver agio di curar ortiche per trifoglio.
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2/4 E veniamo agli scolari. Essi variano in media dai tredici ai venticinque anni; dalla plebe alla piccola borghesia: differenze, che strette in una medesima aula, se recano spesso impaccio o ritardo, svolgono infine un attrito vantaggioso. Sono divisi, secondo l'indirizzo delle professioni, in due categorie: industriale e commerciale; nella prima, domina l'elemento operaio (dal ragazzo muratore al decoratore; dal fabbro all'orafo; dall'artigiano al meccanico d'officina, ecc.); nella seconda, l'impiegato minuto (dal fattorino al commesso; dallo scrivano all'aiuto-contabile; dall'esercente al piccolo commerciante; ecc.). L 'assiduità è in generale lodevole; e il contegno - eccetto brutture non sempre eliminabili - è d'individui abituati a durezza di vita, e dipende in modo sovrano dall'utile o interesse che la disciplina insegnata presenta, e dalla varietà intellettuale o morale di chi la impartisce. Si avverte però, anche prescindendo dall'indirizzo professionale, un divario sensibilissimo fra le classi industriali (operaie), che rivelano una maggiore capacità, un rigore intimo, un tono più elevato, sebbene attraverso rozzezze e grossezze; e le classi commerciali, che manifestano una mentalità più arida e superficiale, un'angustia di voleri e di aspirazioni, sebbene attraverso ripoliture eleganti. E ancora migliore è l'elemento appena inurbato (in maggioranza operaio), dove qualcosa di nuovo e fresco àlita e si colora robustamente; peggiore invece l'incivilito in una convenienza ambigua di abitudini, che, svogliato fra giornali e cinematografi, dentro un "socialismo" senza unghie, una corrutela a prezzi ridotti, dimostra qua e là segni non dubbi di vuota e stanca frivolezza. In ogni modo però, chi abbia fiuto e voglia di fiutare; chi sappia percepire la fragranza delle mammole perdute nel lezzo ottuso d'una conci- maia, subodora qui un senso impreciso, ma realissimo, di germinazione, diversa forse da quelle di tempo addietro. Questo, specialmente, dopo la guerra libica che qui, più che altrove, precipitò o risolse combinazioni e miscugli prima in fermento o in sospensione. Fra questa gente estranea ai rimbalzi e mode della società più o meno consapevole del proprio orientamento, si avvertono i mutamenti e le variazioni del processo nazionale con una ingenuità e immediatezza che fanno pensar davvero a qualche segreto movimento necessario; e nel fondamentale egoismo - questo mozzo quasi meraviglioso che coordina e insalda le razze di ogni ruota valida - gravitano e s'incuneano sentori, desideri, volontà che non si possono esaurire nell'egoismo medesimo o - sic et simpliciter - nella smania sociale dei buoni anni passati.
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3/4 Riappaiono qui, naturalmente, infiltrazioni di ideali che avevano già alimentato gli strati superiori della società: e fors'anche, taluni ammorbidamenti possono accusare la presenza di quella malefica imitazione contro la quale il sindacalismo maggiore tuonò con ingiusta verità; ma in fondo si scopre un lavorio infischiantesi di tutte le "ideologie", perché ne foggia una da sé, e assai più vicina alla forma mentis dei filosofi che non a quella dei dottrinari o dei praticisti. Mentre le discussioni "intelligenti" non approdano a nulla, perché ciascuno in esse vuol serbare i comodi della propria casa a modino, costoro invece aprono la porta e vanno là dove pensano di star meglio; nulla hanno di già fatto, ma tutto è, per loro, da farsi. Senza che se ne avvedano, essi agitano un desiderio squillante dietro la propria moneta che batte; e se la fatica gioita e sofferta per tempo, sveglia troppo precocemente - e spesso fastidiosamente e con danno - nel ragazzo l'uomo, rimane tuttavia in questo ancor tanto di quello da renderlo agile a scomodarsi verso ogni cosa che sappia attirare la propria espansione vitale. Considerazioni, queste mie, che si attagliano soprattutto ai corsi maturi e fortunati, e con le avvertenze fatte sopra; non, beninteso, all'aduggia- mento teppistico, zuccone... e dormiente per stanchezza o per inclinazione! Considerazioni ch'io porgo a guisa di sentimento, di sincera impressionabilità avvertita, senza pretesa razionale e tanto meno consequenziaria; scivolerei allora a estender virtù e qualità della crema al latte povero della minutaglia: o peggio, a liquefar miele d'idee gustate soltanto, e qualche volta, da noialtri, uomini della legge! Ma un sapore di verità c'è. Mi appello a chi abbia tentato d'insegnar con intenzioni non consuetudinarie, con sforzo indagatore, la storia e (meglio ancora) l'italiano, che hanno anche il compito di educare una scuola prevalentemente tecnica; a chi abbia avuto qualche desiderio al di là degli scampoli cronologici, grammaticali, mnemonici, lottando con esiguità del tempo, delle notiziole storiche, delle antologie letterarie inadatte o sfaccendate. È un insegnamento che sfugge e turba: o si vuota nei mezzi o si screpola nei risultati. Ovunque è ostacolo, incomprensione; manca un punto di appoggio culturale, una possibilità didattica, uno studio vero. L'apparato dotto, la raffinatezza del cervello e dello spirito, s'infrangono all'urto della breve e rude "novità" della scolaresca; non è possibile elevare de visu. Le faccende più delicate e nobili cadono, quando siano fine a se stesse: s'innaturano invece, talvolta, negli esercizi, nei ragionamenti lontani da quelle. L'anima di chi insegna può vivere nell'aria rarefatta; ma, al contatto di questa scuola, se ne vergogna quasi e schifa di apparirlo; nelle nozioni pratiche soltanto, nelle idee sepolte fra cose o meglio, nei fatti, trova una giustificazione al proprio tendere in alto, un pertugio d'intesa. Si lavora, infine, sopra una necessità di vita; e poco si trasmette come sapere.
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4/4 Ma, d'altra parte, quanta presa di possesso in talune adeguatezze felici! Mediante richiami all'oggi, il sotterfugio della politica, la lotta degli egoismi sociali conducenti a razionalità, le grandezze eroiche dei singoli e dei popoli, sono qualche volta intuite con "disinteresse", in un baleno propizio. Nell'ambito del loro mondo, è non di rado precisa la visione della difficoltà quotidiana e umana; e trapelano - fra desideri quasi brutali di salire, nell'orgoglio del mestiere padroneggiato, nella sensualità dell'azione e dell'inerzia e dei bassi godimenti - fantasie improvvise e gentili, squisitezze di sensibilità e di aspirazioni. Vorrei riprodurre a testimonianza, qualche passo immediato e sincero, sforbiciando dai migliori componimenti che vennero assegnati in modo da sorprendere eccitare e svolgere il senso ideale animante in segreto l'attività pratica di alcuni allievi: componimenti... illegali, perché eludono la fisima bastarda del "programma" che li vorrebbe ristretti quasi esclusivamente alle letterine stereotipe di commercio che ingrettiscono nel meccanismo il pensiero e quindi l'atto. Ma è tempo invece di tirar i conti; e concludo. In queste scuole, le piaghe profonde si rimarginano un poco, grazie al buon sangue che fluisce; qui dove professori e scolari, se vengono spesso con noia o malvolere, si dipartono quasi sempre con letizia; e non (o non appena) perché siano finite le lezioni. Certo, l'istituir paragoni con le tecniche governative sarebbe vano, pericoloso, ingiusto, assurdo; ma come non ricordare il senso di pena che in quest'ultime domina tutti? In esse, il ritmo giornaliero ha due momenti: prima, la paura dell'ammazzatoio; dopo, lo svenimento della mazzata.
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