La dirigente
   Leonardo Chiorazzi (1950)

La direttrice didattica è diventata dirigente, ma sembra che non abbia fatto grandi progressi da quella che descriveva, con altrettanta e sorprendente ironia, il De Amicis alla fine dell'Ottocento (1892):

Ma la sua contentezza fu temperata fin dai primi giorni dalla direttrice: una zitellona sui quarantacinque, una specie di marescialla dei carabinieri, dalle forme d'una Giunone enfiata, vestita con certa eleganza austera, serrata in un busto che la teneva su impettita come una corazza d'acciaio, con un enorme cappello nero, sormontato d'enormi penne nere, che pareva un piccolo catafalco. Costei era profondamente persuasa che nessuna donna stesse al di sopra direttrice di scuole municipali eccettuata, forse, la regina d'Italia. Aveva sotto di sé, come soleva dire diciotto maestre nella sezione centrale, e quattordici in due scuole succursali, e si diceva che ogni giorno, svegliandosi e andando a letto, le contasse sulle punte delle dita, con una voluttà d'orgoglio ineffabile. Era molto temuta dalle alunne, che rimetteva in fila a colpi di ombrello, e a cui nessuno aveva mai vista fare una carezza, e trattava con durezza particolare le madri giovani e belle: era poi severissima riguardo all'abbigliamento delle maestre, alle quali non permetteva né colori troppo vistosi, né vestiti troppo corti, né cappellini troppo larghi, né fiori nei capelli, né riccioli, né profumi. A quelle che arrivavano in ritardo d'un minuto, mostrava l'orologio, senza parlare; pretendeva che tutte, prima d'uscire, si presentassero a domandare se le occorreva qualche cosa; non voleva che ricevessero lettere alla scuola, né che camminassero a passetti saltellati, né che stringessero la mano all'inglese. Aveva un modo di guardare come chi crede di avere una grande potenza negli occhi, e parlava in chiave di contrabbasso, con parole scelte e gravi, facendo una pausa a ogni frase, come per sentire il tonfo che doveva far nell'anima dell'ascoltatore.

Quanto al grado di sua cultura, riusciva un mistero imprescrutabile a tutti, da tanto ch'era coperta dalla prudenza e protetta dalla maestà; ma le maetre dicevano che non leggeva mai un libro, perché era così piena di sé, che oramai nessuna nuova idea o cognizione vi avrebbe trovato posto. La spalleggiava ottimamente la bidella, una commarona atletica e barbuta, dall'andatura ad anatra, che si sospettava che facesse la spia, e metteva terrore a tutti, anche alle maestre, alle quali s'andava a piantar davanti con la calza in mano, quando tardavano a entrare in classe, guardandole con un viso ammonitore. Si diceva pure che la direttrice facesse tener d'occhio le maestre dalla guardia civica e che interrogasse di nascosto il portalettere intorno alla loro corrispondenza epistolare. Insomma, aveva presso tutto il ceto scolastico la fama non immeritata della più feroce mangiamaestrine di Torino. E non di meno parve alla Galli di non aver fatto alla prima una cattiva impressione. Perché, in fatti, essa riuniva tutte le condizioni che ci volevano per andarle a genio: aveva trentadue anni, l'età media che quella preferiva, perché più giovani eran leggere, e più attempate poco maneggevoli; graziosa, ma non da dar troppo negli occhi, benché avesse una bocchina bellissima; più piccola di lei di quasi un palmo, al che teneva molto, e vestita con modestia; e poi senza parenti in città, e quindi più sua; e buona d'apparenza, ma d'un carattere logico e fermo, che avrebbe frenato la bontà, di cui quella diffidava. Andarono per ciò di perfetto accordo nel primo mese, durante il quale non barattarono, fuorché per ragioni di servizio, venti parole. Solo qualche volta, entrando piena di freddo nell'ufficio, la maestra domandava: - Permette che mi scaldi un pò in piedi? - e quella rispondeva: - Faccia; - oppure: - Mi posso sedere un momento? - e quella: - Segga. - O le diceva gravemente: -,Vigili sulla tal ragazza: c'è del marcio; - perché s'occupava con zelo inquisitorio delle quattro o cinque alunne peggiori di ciascuna classe, e lasciava credere d'avere a questo fine un servizio segreto di polizia (E. De Amicis, Un Dramma nella scuola, Milano, Sugarco edizioni, 1993, pp. 17-19):

L'"Autonomia" delle scuole, in effetti, sembra aver aumentato solo quella dei capi, che perseguono imperterriti nell'esercizio della loro autorità, non solo cartacea, nei confronti dei pochi maestri e delle innumerevoli maestre, che continuano a perseguitare se stessi con il conformismo, il timore reverenziale verso il "superiore" e la mancanza di autonomia professionale.



Se non fosse per i bambini… in fondo a scuola non si starebbe male *

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Ormai lo sanno anche i bambini.

Un'alunna di IV B ha scritto per lei questa poesia:

Alla mia direttrice:

La tua presenza qui

è indispensabile, sì!

Perché senza di te

tutto a soqquadro è.

Chi sbrigherebbe le carte?

Chi farebbe la tua parte?

Quindi, come ormai sanno anche i bambini, purtroppo la direttrice "sbriga" le carte. Per lei, signora Provveditoressa, per non avere richiami dai "Superiori".

Noi insegnanti invece le sbrighiamo per la direttrice, per non sentirla sbraitare e per non farci trattare come scolaretti. Gli alunni le "sbrigano" per noi maestri per non sentirsi sempre ripetere che sono lenti, distratti, asini; che Gianluchino ha finito da un pezzo e Pasqualino è ancora al primo rigo; che Michelino è un genio e Nicolino acchiappa le mosche.

Così come noi facciamo con loro, i nostri dirigenti fanno con voi: come si dice? "Sottometti a noi i nostri ebeti, così come noi ci sottomettiamo ai nostri Superiori". Proprio come nel sistema militare, dove i ghiribizzi del generale, scivolando sempre più in giù, alla fine li paga la recluta, da noi quelli del ministro li paga l'alunno, che è l'elemento più debole della catena gerarchica. Neanche i dittatori e le dittatrici… pardon... volevo dire... i direttori e le direttrici… vogliono richiami dai "Superiori". Anch'essi, come noi, vogliono compiere fino in fondo il loro "dovere". E troppi tra di loro sono convinti che il proprio dovere sia ubbidire alla cieca, in tutto e per tutto, sempre comunque, a tutto ciò che viene da Voi, dall'Alto, anche soltanto sotto forme di "proposta", che anche la "proposta" del Superiore è Legge, ed è più conveniente accettarla per evitare future grane... non si sa mai.

Proprio come noi. Siamo nella stessa barca bucata.

Due sono le cose: o pensiamo tutti che dall'alto possa venire del buono, oppure anch'essi hanno paura di voi come noi abbiamo paura di loro. E per rispettare alla lettera (morta) le vostre carte e circolari (007, Licenza di Eccedere) fanno a noi quello che voi, provveditori e ministri, fate a loro: passano come bulldozer sui cadaveri di tutti: insegnanti, bambini e genitori.

Dall'alunno alla direttrice, tutti conduciamo contro tutti una segreta, feroce, reciproca lotta gerarchica per mantenerci a galla con più onore possibile.

E così (tranne quelle che si salvano, naturalmente) la direttrice "didattica" è diventata una direttrice di "tattica" per evoluzione naturale della specie. Non è neanche colpa sua. Non voglio accusare nessuna persona singola. Presi uno per uno e staccati dal sistema siamo tutti rispettabilissimi, ma, come diceva Totò, è la somma che fa il totale. "Senatores probi viri, senatus mala bestia". E' anche lei una vittima del vostro sistema schiacciasassi e si deve pur difendere da voi e da noi, così come noi ci difendiamo da lei e dalle famiglie, così come gli alunni si difendono da noi e dai propri genitori, così come i genitori si difendono da noi e dai figli.

Noi che abbiamo a che fare con questo sistema-scuola siamo presi tutti tra due fuochi. Ogni componente scolastica è la controparte avversaria dell'altra, invece di esserne l'alleata. Tutti diffidiamo di tutti e ci guardiamo le spalle. Ci aspettiamo solo legnate da tutte le parti da un momento all'altro.

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Si chiama adattamento per la sopravvivenza. Si nutre delle proprie paure e gira come una trottola su se stesso, crescendo un po' ad ogni giro compiuto.

E così, cominciando dal primo Collegio dei "Dolenti", all'inizio di settembre, noi stiamo lì ad aspettarci le prime legnate della nuova stagione, fresche fresche di giornata. Loro, quei direttori che appartengono alla razza descritta prima, ma specialmente quelle direttrici, dopo essersi fatti giustamente attendere per un pezzo, come tutti i superiori che si rispettano, finalmente appaiono, in splendida forma burocratica. Si ironizza in gran segreto che d'estate si nutrono di relazioni e tabulati, di PAC e di PAS, di PEI e di POF.

Entrano con tattica nelle riunioni e si siedono dietro enormi tavoli che sottolineano marcatamente che loro sono su pianeti diversi e lontani da noi mille miglia.

Mentre il cicaleccio magistrale si spegne in un forzato silenzio ministeriale, loro, con una fredda, calcolata spietatezza, forse studiata a casa la sera prima, cominciano a sciorinarci sulle teste già dolenti di primo settembre una pioggia interminabile e insostenibile di nuove disposizioni, progetti e progettini, relazioni e circolari da portare a compimento entro una settimana o poco più.

E alla fine di ogni singolo annuncio gongolano dall'alto dei cieli, arricciando le sadiche labbra sottili e annuendo spietatamente con la testa come a dire: "vi sto sistemando a dovere. ..dove credevate di sfuggire". ..con negli occhi rapidi lampi che diresti di sadico godimento sensuale.

Poi cominciano i giochetti tattici del gatto col topo. Se arrivano in ritardo i maestri simpatici, fanno finta di guardare dall'altra parte finché non si sono seduti nel mucchio, per dare l'impressione di non averli visti.

Ma se arrivano in ritardo gli antipatici, "gli scienziati", i saputelli, i polemici, i timidi, o i capri espiatori che non c'entrano niente con le loro beghe, ma che "qualcuno deve pur pagare per pareggiare i conti col corpo docente", allora li crocifiggono lì per lì, in piedi dove si trovano.

Per tenere in pugno il gruppo, tatticamente adulano e colpiscono. Il bastone e la carota funzionano sempre, sia con gli asini che con i maestri.

Dopo la sfuriata terribile che ci ghiaccia sulle sedie, ci svoglia, ci demotiva, ci deprime e ci umilia, ci accarezzano per qualche attimo con degli stantii specchietti per le allodole in cui noi cadiamo e ricadiamo sempre come allocchi. È come per la volpe e il corvo. Basta dire a uno che è bello e l'hai fregato.

Figuriamoci se chi deve dirigere un corpo informe come il nostro non lo sa.

Anche se hanno appena finito di trattarci da ignoranti, scansafatiche, assenteisti abusivi, inadempienti, falsi, ipocriti, impreparati, mangiapane a tradimento, all'improvviso ci dicono che nel Circolo il livello didattico sta crescendo... che le esperienze in corso... le iniziative portate a termine... le relazioni sulle attività... i dati che abbiamo fornito sulla valutazione degli alunni... gli ultimi risultati... dicono chiaramente che... c'è un impegno lodevole... che... per cui... ecc.

E i nostri animi si rasserenano... e loro diventano "brave"... "preparate"... "comprensive"... "eque"... "obiettive".

Mangiamo in pace la carotina e possiamo stare tranquilli perché abbiamo fatto pace con la nostra Super Mamma (o il nostro Super Papà) che adesso ci dà finalmente la tanto fatidica e sospirata approvazione.

Alle studiate parole magiche: "siamo all'avanguardia della scuola italiana", oppure. .."alta professionalità", il corvo apre il becco, il formaggio cade e inevitabilmente scoppia, unanime, l'applauso liberatorio alla "Nostra Direttrice -così-preparata-che-tuttice-la-invidiano-e-che-CI-TIENE-tanto". Che "ci tiene", appunto, stretti in pugno.

Appunto, Direttrici di "Tattica". che di "Didattica" il più delle volte hanno, sì, una profonda conoscenza teorica, perché sono intelligenti, laureate e hanno studiato bene, ma troppo spesso non sono più entrate in una classe "vera" da quando hanno finito le elementari. Oppure hanno insegnato solo alle medie o alle superiori e i bambini per loro sono soltanto degli elenchi sui registri.

Se invece hanno fatto anche le maestre elementari, spesso capita che ciò è avvenuto "quando tutto funzionava ed era più serio", in epoche lontane, e la "generazione delle vere maestre è finita con la loro". Con queste premesse, come possiamo capirci sul piano del lavoro pratico, a contatto con gli alunni?

La nostra comunicazione deve parlare per forza il linguaggio della diffidenza e dev'essere per forza inquinata dalla paura di "sbagliare".

Ho visto plessi in cui, quando telefona la direttrice, mentre la fiduciaria sta tutta rossa sull'attenti al telefono, rispettosamente tesa come una corda di violino, le altre maestre nell'atrio e nelle stanze adiacenti camminano in punta di piedi e parlano con timore sottovoce. Alcune si fanno addirittura segni muti.

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Non mi stupirei, uno di questi giorni, di vedere anche il segno della croce e le mani giunte. Alcune maestre, che sono state sue compagne di scuola al magistrale e poi colleghe e hanno addirittura insegnato insieme a lei prima che fosse deificata dal Ministero, ora che le sono sottoposte non osano risponderle neanche se non hanno capito quello che devono fare.

Non osano chiederle nulla più dell'indispensabile per non farsi rimproverare.

Se le cerchi in Direzione potrebbero essere sempre arrabbiate. Devi prima pregare Santa Burocra Zia che le trovi con la luna giusta. Ma qualcuno della Segreteria ti avvisa già dal corridoio che "oggi non sono in giornata" ed è meglio "starne alla larga perché potrebbero mordere". Una o due volte all'anno, se non hanno altri impegni, si degnano di visitare i plessi e le classi.

Il travaglio comincia un mese prima.

Quando i nostri "satelliti spia" ci avvisano che la perturbazione è ormai imminente e si sta avvicinando alle latitudini del nostro plesso, l'agitazione e l'ansia salgono a livelli parossistici e non riusciamo a parlare d'altro. Ci si prepara come per gli uragani ai Tropici (a cui, guarda caso, danno sempre il nome di una donna: non saranno mica nomi di direttrici esotiche?). E quello è il nostro esame periodico. Come una ineluttabile puntura di vaccino dopo la quale stai tranquillo per alcuni mesi.

Dall'ingresso in aula la mattina è un continuo chiederci reciprocamente: "Oh!… Dio!… Che dite… oggi verrà"?…

Se non siamo di servizio, ci ripetiamo e preghiamo: "Speriamo che vada oggi che non ci sono io, così non mi trova". E il giorno dopo: "È venuta ieri"? ..."Speriamo almeno che non venga alla terza ora, se no mi trova proprio in quella classe di asini". .. che figura devo fare?.. Come mi devo giustificare?.. E poi... c'è il caso di quel bambino che. ..OH!

Gli occhi nevrotici alla finestra sulla strada, le orecchie protese al campanello dell'ingresso, in "quei giorni agitati del ciclo maestruale" secerniamo abbondanti razioni supplementari di ordine alla classe. I banchi allineati per bene, i bambini ben seduti, ultimi controlli frenetici ai quaderni dei più asini per controllare se, correggendoli fino a tarda notte, con la testa che ci scoppiava, non ci è imperdonabilmente sfuggita qualche virgola o qualche trattino; riletture frettolose alle papardelle scritte sui registri, per valutare eventuali errori o peccati di missione che potrebbero mandare in bestia la Santa Vestale del Tempio della Burocra Zia, consegnatasi con voti perpetui ad eternamente vegliare sulla salvaguardia delle Sacre Regole Tramandate dall'Era Burosaura all'Era Burocratica.

Quando poi finalmente arriva. ..un "fremito di passion scuote lo plesso" (come direbbe il poeta). Non ha ancora varcato la soglia, tremante sotto la sua scarpa, che già la bidella, istruita in precedenza per tacite solidarietà fra "gli inferiori", è partita in quarta per fare il giro delle aule.

Correndo affannosamente con un passo così leggero da far invidia ad Achille piè veloce, bussa e apre tutte le porte urlando tra i denti:

- Attenzione! C'è la direttrice!...

- È arrivata la Signora! ...

- C'è la Capa!...

- Allora... bambini. ..dicevamo che!… noi maestri, sottovoce e minacciosi.

Vi raccomando... adesso che viene la direttrice... guai a voi se mi e fare brutta figura... non parlate... se v'interroga rispondete a tutto se no vi ammazzo... non vi alzate... non guardate indietro... non menatevi pugni e calci... non litigate per le gomme e le matite... non battete i piedi... non fate smorfie... non spostate le sedie che fanno rumore... non pizzicatevi e non mordetevi... non tirate i capelli a chi sta davanti... non chiedete di andare al gabinetto e non ficcatevi sotto il banco!:.. E adesso continuiamo a fare lezione... facciamoci trovare che stiamo studiando... guai a chi sbaglia!... Poi quando la direttrice se ne va facciamo i conti... vi faccio passare le pene di Gesucristo!

Poi, quando lei arriva, magari non li guarda neanche i bambini. Oppure si limita a fare un paio di battutine banali sul problemino in corso scritto alla lavagna.

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Si guarda bene dal chiedere con quali esseri umani hai a che fare la classe, quali idee stai perseguendo, quali progetti hai, cosa vorrebbe realizzare, se sei soddisfatto di come lavori, cosa vorresti cambiare migliorare, di cosa hai bisogno veramente per dare il meglio di tesso, se hai qualche nuova proposta educativa o didattica.

Se ci trova in un raro e inseguito momento di grazia, con i ragazzi entusiasti, impegnati in attività creative (e quindi di infima categoria nella vostra scala burosaurocratica dei valori didattici), è facile che ci spenga tutti con un soffio come dei moccoli smoccolati, dicendo di non sporcare in quel modo i banchi e il pavimento, di scendere dal palco perché si può cadere e "chi se la piglia la responsabilità", di non mettere quei sussidi didattici nelle mani dei bambini perché lo Stato "ha speso un sacco di soldi", di non far rumore cantando e suonando o mai farlo "nei ritagli di tempo e nell'intervallo".

Se invece è arrabbiata per i cavoli suoi e "non è in giornata", o ce l'ha con te in particolare e sta cercando proprio il pretesto per fregarti, potrebbe costarti caro.

È capace di mettersi a leggere veramente cosa hai scritto sul registro (l'unico caso in cui lo fa veramente).

E se trova pagine bianche dove invece dovrebbero esserci milioni inutili ghirigori va su tutte le furie.

Tu tenti e ritenti di spiegare i motivi reali e concreti, e spesso anche realmente didattici, per cui non hai ancora scritto niente, ma non ti fa parlare, specialmente se sei nell'anno di prova e qualcuno le ha parlato male di te.

Lei se la canta e se la sente la Messa. E se ne va sbraitando, minacciando tuoni e fulmini, dopo averti umiliato davanti ai tuoi alunni.

Ho saputo addirittura di alcune che arrivano ad "interrogare" le maestre nuove o supplenti davanti ai bambini per rendersi conto se possiedono o no "la materia".

E sei fortunato se non comincia a controllare i quaderni degli alunni, perché se la notte precedente cascavi dal sonno e non hai fatto il tempo a correggerli tutti o se ti è sfuggito un errore grave sono cavoli tuoi.

Diventi inadempiente e ignorante su due piedi. Come se tutta la tua professionalità e tutto l'apprendimento degli alunni dipendesse dalla "bellezza" del quaderno e dalle correzioni ivi effettuate (mito in cui anche i genitori credono volentieri).

A volte (ed é il caso più raro e patetico), vorrebbe parlare ai bambini di concetti elevati. Ed è qui che casca l'asino, perché, venuta per fare l'esame a noi, noi lo facciamo a lei.

Comincia a far fluire le sue virtù con un linguaggio talmente complicato e una prosopopea così impudentemente moralistica che i bambini non ci capiscono neanche una parola. È così che ci rendiamo conto che chi dovrebbe dirigere la nostra didattica in realtà non sa neanche parlare ai bambini di quell'età. Ma voi, dall'alto, siete onesti e coerenti, lo riconosco. Infatti neanche voi la chiamate più direttrice "didattica", ma l'avete trasformata in "dirigente scolastica". Con questo volete forse dirci che ormai non c'è più alcuna didattica da coordinare e dirigere, ma solo una scuola da far funzionare, come la filiale di una ditta qualsiasi?

La struttura ha forse fagocitato i suoi stessi motivi di esistenza e vive ormai di se stessa e per se stessa?

*Leonardo Chiorazzi, Se non fosse per i bambini… in fondo a scuola non si starebbe male, Roma, Armando Editore, 2001, pp.20-26. Maestro elementare dal 1968, ha insegnato in varie parti d'Italia, passando attraverso tutte le "riforme" della scuola elementare. Si interessa di comunicazione e di linguaggi multimediali utilizzati a fini didattici. Ha scritto testi per il Teatro e oltre a ricerche fotografiche, ha già pubblicato due racconti: Rocco Tirlocco e Barrino.

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