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DA ADi UN CONTRIBUTO FONDAMENTALE AL PNRR: LE INNOVATIVE, AUDACI RELAZIONI DEL SEMINARIO INTERNAZIONALE LA SCUOLA NELLA NEXT GENERATION EU
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In questo periodo di drammatica crisi pandemica ADi offre un contributo inedito e coraggioso per costruire una nuova, positiva "narrazione" dell'istruzione, a partire dalle possibilità offerte dal PNRR. Vengono messi a disposizione tutti i video delle relazioni del seminario internazionale, “La scuola nella Next Generation EU”, che hanno delineato un panorama completo e ispiratore rispetto a tre questioni che appaiono oggi prerequisiti di ogni possibile miglioramento degli apprendimenti per tutti. Si tratta della leadership diffusa e dell’autonomia scolastica entro un nuovo paradigma dell’istruzione e di un forte rilancio dell’istruzione tecnico-professionale.
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1^ SESSIONE: L’IMPORTANZA DI UNA LEADERSHIP SISTEMICA A SOSTEGNO DELL’ISTRUZIONE Tutto il seminario parte dall’assunto che, fallito il vecchio paradigma dell’apprendimento, incapsulato nell’illusorio perseguimento del “successo” di ciascun singolo alunno nelle singole scuole, occorra intraprendere una nuova narrazione più espansiva, che si allarghi e si connetta a più livelli - intrapersonale, interpersonale, territoriale, nazionale, globale. Il rimedio non può più essere ri-immaginare di dare al singolo una migliore istruzione. E’ il sistema con le sue finalità che va ri-immaginato. Un ecosistema dell’apprendimento che sappia passare dall’Io al Noi, che sia più solidale, più generoso, più concentrato sulle responsabilità reciproche e sui valori della sostenibilità. Un ecosistema capace di allineare visione, ambiente e capacità umane basate su “scienza ed evidenza”, dentro e fuori la scuola, che dia voce agli studenti, offrendo la possibilità di apprendere in contesti reali, di costruire connessioni e misurarsi con sfide autentiche. Lo spostamento a un apprendimento ecosistemico richiede un passaggio «sismico» nella leadership: una leadership ecosistemica. Occorrono competenze collaborative e imprenditive di ordine più complesso, capaci anche di una nuova integrazione con le risorse digitali, utili a scardinare l’antica «grammatica della scuola». Una leadership per guidare, dunque, non solo l’innovazione pedagogica, ma profondi cambiamenti nei curricoli e soprattutto nella cultura verso un nuovo “NOI”. ADi ritiene che da questa leadership, prima ancora che dalla formazione iniziale degli insegnanti, occorra partire per costruire un capitale professionale, capace di guidare la transizione verso un sistema d’istruzione adeguato alle rivoluzioni scientifiche tecnologiche, economiche e sociali di questo secolo. 
La 1^ sessione, coordinata e introdotta da Maria Teresa Siniscalco, è stata aperta da due insegnanti attori, Luigi Mossuto e Michele Gabanelli, che, in premessa, ci hanno fatto ripercorrere, nelle vesti di Dante e Virgilio, l’indescrivibile numero di tentativi falliti di differenziazione della carriera docente in Italia. La relazione della Presidente ADi, Alessandra Cenerini (qui presentata in PPT) partendo dalle caratteristiche di una nuova narrazione dell’istruzione e del panorama internazionale, ha dettagliato, in tutti i suoi aspetti e passaggi, come costruire un nuova leadership nel sistema scolastico italiano, una leadership che si estende dagli istituti scolastici fino al Ministero. Edmund Lim, ci ha fatto conoscere in dettaglio il modello di carriera docente e leadership educativa di Singapore, uno dei più avanzati e strutturati a livello mondiale, da cui trarre importanti indicazioni. L’olandese Marco Snoek, ha insistito sui danni di una carriera piatta degli insegnanti e ha offerto un quadro delle varie possibilità di carriera docente e leadership nella UE, soffermandosi in particolare sul modello olandese. Infine Laura Biancato, ha illustrato un possibile modello di formazione per la leadership intermedia nelle scuole. La sessione si è conclusa con una Call to action, per chiedere al Governo di colmare senza più indugi il vuoto istituzionale, disponendo per legge la istituzionalizzazione di due percorsi di carriera docente, a sostegno l’uno dell’ insegnamento/ apprendimento e l’altro della gestione del sistema.
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2^ SESSIONE: UN’”AUTONOMIA CONNESSA” PER UN NUOVO ECOSISTEMA EDUCATIVO La 2^ sessione ha indagato quale autonomia sia oggi necessaria per un nuovo ecosistema educativo. L’autonomia di per sé non è, infatti, né buona né cattiva. Diventa condizione necessaria e indispensabile del «miglioramento» solo se è finalizzata a quella nuova «narrazione» dell’istruzione prima evidenziata. Una narrazione che si completa con l’affermazione di Michael Fullan secondo cui la scuola deve coniugare insieme i due obiettivi dell’Agenda 2030, il numero 3 (salute/benessere) e il numero 4 (educazione di qualità), che significa porre alti obiettivi per tutti i ragazzi, mettendoli in uno stato di benessere. Il tipo di autonomia scolastica in grado di perseguire questo ecosistema di apprendimento è quella che Michael Fullan definisce “connected autonomy”, un’autonomia connessa. Due parole solo apparentemente antinomiche, ma che esprimono un solo concetto: le scuole devono essere indipendenti ma in relazione, autonome ma collaborative. E questo è esattamente il contrario delle scuole in competizione tra loro. L’autonomia assume pertanto valore a 3 condizioni: 1. i vari livelli di governo del sistema, dall’Istituto autonomo al Ministero, devono avere responsabilità indipendenti, senza invasioni di campo, ma convergenti sugli obiettivi; 2. gli istituti scolastici autonomi devono condividere le responsabilità di un intero territorio, sostenuti da una leadership ecosistemica, che va dalla dirigenza scolastica alla leadership intermedia. 3. le scuole devono aprirsi e connettersi a livello locale, nazionale e globale.

La 2^ sessione è stata coordinata e introdotta da Lorenzo Benussi, e aperta dai due insegnanti attori, Luigi Mossuto e Michele Gabanelli, che hanno ripercorso, nelle vesti di Dante e Virgilio, la lunga travagliata storia dell’autonomia scolastica, una meta che, per essere raggiunta, ha impiegato il quadruplo degli anni che Virgilio ha assegnato ad Enea per approdare in Lazio. La prima relazione della Presidente ADi, Alessandra Cenerini (qui presentata in PPT) ha delineato le caratteristiche di un’autonomia scolastica connessa a sostegno di un apprendimento ecosistemico, rispetto al quale, ha sostenuto, sono del tutto inadeguati i principi che regolano oggi l’istruzione compresi quelli scritti della Carta Costituzionale (v. art.34). Ha poi illustrato la proposta di legge di ADI per la creazione di Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale, ISAS, istituti che non sostituiscono, ma integrano e arricchiscono l’attuale sistema, dando la possibilità a chi ha volontà di innovare di poterlo fare, senza arenarsi nelle pastoie burocratiche. La seconda relazione, svolta da Lene Jensby Lange, ha illustrato in dettaglio l’interessante modello di autonomia scolastica danese che si coniuga con la decentralizzazione ai Comuni e il mantenimento in capo allo Stato delle sole norme generali. Una scuola che ha una grande attenzione al benessere, con la possibilità di intervenire anche sui curricoli e sull’architettura scolastica. La terza relazione, a cura di Claire Amos, ci ha portato in Nuova Zelanda, dove nel 1989 fu avviata la più drastica trasformazione di un sistema statale di istruzione mai avvenuta prima. Dalla sera alla mattina tutta la gestione delle scuole statali fu trasferita a singoli Consigli scolastici. Claire Amos ne ha illustrato i vantaggi, di cui lei è molto convinta, sperimentali come dirigente scolastica, ma anche alcuni limiti, che il governo sta correggendo. La quarta relazione, particolarmente importante, svolta da Carlo Marzuoli, ha trattato in dettaglio la spinosa, ma dirimente, questione dell’amministrazione del personale scolastico. Gli insegnanti sono delle Scuole o dello Stato? E’ diffusa l’equazione docente = statale. Oggi, afferma Marzuoli, tale necessarietà è superata: l’anima del sistema è l’autonomia degli Istituti scolastici. Ad essi, singoli o coordinati, va affidata l’assunzione diretta del personale e delle figure di leadership intermedia e, fermo restando il trattamento economico di base, agli istituti va attribuita una disponibilità consistente di risorse finanziarie, da utilizzare in sede di contratto individuale. Tutto questo non toglie che rimanga in capo al legislatore nazionale lo stato giuridico dei docenti e che permanga l’assoggettamento ai contratti collettivi nazionali. Ma molte cose cambiano nei contenuti della gestione, che Marzuoli ha dettagliato e di cui ha fornito motivazione. La sessione si è conclusa con una Call to action, con l’indicazione di impegni per sollecitare interventi governativi per il rilancio dell’autonomia scolastica, cogliendo le grandi possibilità offerte dal PNRR.
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3^ SESSIONE: LA CRUCIALE QUESTIONE DELL’ISTRUZIONE TECNICO-PROFESSIONALE La sessione finale su istruzione e formazione tecnica e professionale rappresenta il necessario coronamento dell’intero seminario, perché è il settore che più di ogni altro richiede quella nuova narrazione della istruzione che si è tentato di descrivere nelle prime 2 sessioni, e che più avrebbe bisogno di riforme e di investimenti nel PNRR. E’ in questi istituti, infatti, che si consumano la più grande ingiustizia sociale - un numero irriducibile e «incivile» di drop out - e una forsennata perdita economica. Nulla ci ha insegnato l’evidenza dei dati relativi all’insostenibile numero di NEET in Italia, il più alto in Europa, alla drammatica dispersione negli Istituti Professionali e alla loro lenta morte, all’altissima disoccupazione giovanile insieme al gap tra richieste del mercato del lavoro e formazione. Di fronte a queste evidenze, permane un rifiuto culturale a ri-immaginare la filiera complessiva dell’istruzione e formazione tecnico-professionale e a valorizzare la «cultura della professione». Ben poco di questo fondamentale settore si trova nel PNRR, dove tutto pare ridursi ai soli ITS, Istituti Tecnici Superiori. La sessione ha avuto il grande merito di analizzare la situazione, ma soprattutto di descrivere i nuovi scenari possibili e i passi da intraprendere. Infine nelle conclusioni la Presidente Alessandra Cenerini, ha espresso, senza ambiguità, la posizione di ADi. 
La 3^ sessione è stata coordinata e introdotta da Maria Teresa Siniscalco, e, nuovamente, in apertura, i due insegnanti attori, Luigi Mossuto e Michele Gabbanelli, nelle vesti di Dante e Virgilio, ci hanno fatto riflettere sulle vicende che hanno portato alla progressiva deprofessionalizzazione e depauperazione dell’Istruzione Professionale e alla licealizzazione degli Istituti Tecnici, insieme all’incapacità di lanciare l’Istruzione Tecnica Terziaria non universitaria. Un grido, insomma, a favore della cultura professionale. La prima relazione, svolta da Stefano Versari, Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dell’Istruzione, è stata, per molti aspetti, molto avanzata nel delineare un percorso complessivo unitario fra istruzione e formazione professionale secondaria, compreso l’apprendistato, e istruzione tecnica terziaria non universitaria, senza passare dall’esame di stato. Il punto, purtroppo è che, a tutt’oggi, essa appare come posizione personale di un autorevole rappresentante del Ministero, ma non del Ministero e del Governo. La seconda relazione, svolta da Marieke Vandemeyer, ci ha offerto una importante panoramica internazionale delle opportunità e sfide dell’istruzione tecnica e professionale, aiutandoci a collocare la situazione italiana nel contesto mondiale. La terza relazione, a cura di Arduino Salatin, ha dettagliatamente analizzato l’irrisolto problema della dicotomia tra Istruzione Professionale statale e Istruzione e Formazione Professionale regionale, e ha illustrato l’efficace soluzione realizzata in Trentino, che dovrebbe fungere da modello per il resto d’Italia. La quarta relazione, svolta da Federico Butera, ha trattato degli Istituti Tecnici Superiori, un tema fondamentale a cui il PNRR dedica ingenti investimenti. La relazione prende spunto dalla legge, ora al Senato, che trasforma gli Istituti Tecnici Superiori, rinominati Its Academy, in un canale formativo terziario parallelo all’università. Butera ha lanciato proposte su come governare questa trasformazione, sostenendo che occorre un vero e proprio “piano industriale”, con capacità manageriali, programmatorie e di rendicontazione. Ritiene inoltre che non ci sia né incompatibilità, né concorrenzialità fra questa formazione terziaria non accademica e le nuove lauree professionalizzanti, perché considera diverse le finalità e le funzioni. Corey E. Mohn, ha tenuto la quinta e ultima relazione che ci ha mostrato come le imprese, la comunità e l’istruzione pubblica possano collaborare per produrre esperienze di apprendimento personalizzate che formino una forza lavoro altamente qualificata. A questo fine ha descritto, con esempi concreti, cosa viene fatto nel suo Istituto Tecnico, il Center for Advanced Professional Studies, CAPS, nel Kansas, USA, dove gli studenti, dai 16 ai 18 anni, fanno attività di ricerca e produzione. La conclusione del seminario (qui presentata in PPT) è stata affidata alla Presidente ADi, Alessandra Cenerini, che ha fatto un appassionato appello a rivalorizzare la cultura professionale, l’imparare facendo in un clima di «benessere», ovvero in situazioni in cui i ragazzi percepiscono di fare qualcosa di utile per gli altri e appagante per sè. Cenerini ha denunciato l’enorme spreco di risorse umane e finanziarie negli Istituti Professionali Statali, ormai agonizzanti. Ha rivendicato l’applicazione della riforma 2001 del Titolo V della Costituzione, chiedendo che, come è avvenuto in Trentino, gli attuali Istituti Professionali Statali siano in parte trasformati in Istruzione e Formazione Professionale Regionale, IeFP, che dovrebbe diventare tutta quadriennale, e in parte in Istituti Tecnici. E ha sottolineato l’enorme responsabilità delle Regioni, la loro incapacità di rivendicare e assolvere il ruolo che loro compete nello sviluppo dell’istruzione e formazione professionale. Ha poi richiesto che IeFP, Apprendistato, Istituti Tecnici e ITS Academy costituiscano un solo ecosistema in continuità orizzontale e verticale. Si ribaltino i principi che dominano dai tempi di Gentile! Per accedere all’ITS Academy l’esame integrativo sia sostenuto da chi viene da licei generalisti ed è privo di qualsiasi competenza tecnico-professionale, non da chi viene da IeFP e Apprendistato! Infine ha indicato il rischio della convivenza di ITS Academy e lauree professionalizzanti che, per poter assumere il peso e l'importanza che hanno in altri Paesi (v. Germania), dovrebbero fondersi in un unico sistema terziario professionalizzante.
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