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PEGGIORI O DIVERSI?

Alcune considerazioni sugli studenti di oggi

di Giovanni Campana

ieri

oggi

  

INTRODUZIONE

Vorrei introdurre qualche elemento di riflessione sul tema degli studenti  di oggi. Di essi si parla con estrema preoccupazione, fino a dare l’impressione o a dichiarare apertamente che li si ritiene non solo molto diversi dalle generazioni che li hanno preceduti, ma forse davvero peggiori di esse.

Sullo spessore di tali valutazioni dovrebbe indurre in sospetto il fatto che sempre, nelle epoche di cambiamento e comunque ad ogni nuova generazione, si gridi all’inaudito peggioramento della nuova gioventù. Sono infatti ogni volta un numero senza fine i “laudatores temporis acti”. Tale peggioramento – e ciò dovrebbe ulteriormente indurre in sospetto – consiste normalmente nel fatto che qualche argine si è abbassato o è in corso di definitivo sfondamento. Siamo sicuri che non si tratti anche oggi dello stesso antico fenomeno, sia pure con le sue specificità o forse con una specificità davvero senza paragoni rispetto al passato?

E' IN ATTO UNA PROGRESSIVA "PERDITA DI DIFFERENZE"

In tutti i paesi sviluppati, è in atto una generale “perdita di differenze”. Tante differenze che un tempo caratterizzavano il nostro mondo, sia nel macro che nel micro, non esistono più o sono sempre più deboli e confuse nella mappa mentale dei bambini e dei ragazzi di oggi, ma anche, in larga misura, degli adulti, in primo luogo dei giovani genitori. Non solo la televisione, ma anche i fatti della vita quotidiana mettono il singolo a confronto con tali e tante situazioni reali, immaginarie, simboliche (un tempo inaccettabili e ora  tranquillamente   compatibili) e con tanti e tali sfondamenti di confini e limiti che l’interiorizzazione e costruzione di distinzioni è diventata una funzione cognitiva sempre più complessa, tale da richiedere capacità e tempi di maturazione sempre maggiori.

La complessità non riesce ad essere smaltita. Bambini, ragazzi, adulti non pervengono alla costruzione di sintesi, a compiere una riduzione adeguata di complessità, a elaborare  distinzioni che consentano abbastanza agevolmente di ordinare il mondo e in particolare il mondo dei valori.

Questa impressionante perdita di differenze e di confini  rende la condizione mentale, cognitiva, morale dei nostri ragazzi imparagonabile a quella che fu la nostra. La compatibilità di tutto con tutto tende ad essere un presupposto generale quotidiano. Troppa è la quantità di differenze (nel modo di vivere, di pensare, di comunicare, ecc.) che passano nella loro esperienza o sotto i loro occhi, perché possano essere fatti confronti e selezioni o anche solo perché tali differenze siano almeno avvertite come stridenti, tali da imporre scelte.

Oggi i giovani non hanno uno schema mentale ben costruito, magari anche rigido, che automaticamente selezioni il giusto e il condannabile, il formale e l’informale. Esattamente il contrario di quel che è sempre stato in passato, quando l’identità era già costruita bell’e pronta e veniva trasferita a ogni nuovo membro della società, e il presupposto di ogni analisi rigorosa del mondo era l’incompatibilità di tutto ciò che era diverso da quel modello.

UN NUOVO DIRITTO: L'AFFERMAZIONE DEL SE'

Non solo: oggi assistiamo ad un “aumentato riconoscimento dell’individuo”. Un tempo l’autoaffermazione degli individui, la libera espressione di sé, erano ambiti non considerati nella sfera dei bisogni e diritti fondamentali. Era l’epoca dell’indigenza (fino all’ultimo  dopoguerra, cioè agli attuali cinquantenni), in cui mangiare, avere un'abitazione, vestirsi erano le cose veramente serie a cui badare (e perciò si faceva leva sull’autosufficienza, sullo spirito di sacrificio, ecc.).  Erano invece confinate nell’area dell’effimero o comunque del superfluo o del lusso la libera manifestazione della propria personalità.

Oggi la libera espressione di sé  è entrata nella coscienza collettiva come un diritto, come ciò che deve essere salvaguardato anche e proprio ad opera della società e dalle sue istituzioni. La scuola, ad esempio, deve occuparsi del “benessere”, della sessualità (e non solo per la prevenzione dell’AIDS, ma per favorire una sessualità vissuta bene, e così via.). Questa emersione al riconoscimento sociale di una sfera che prima era solo interna e priva di diritti esplicitamente riconosciuti, è anche un fattore di aumento delle  diversità che vengono ammesse, poiché in questa logica tutte le situazioni hanno diritto ad essere accolte nella loro specificità.

LA NECESSITA' DI "RALLENTARE" LA PERDITA DELLE DIFFERENZE

Questo movimento verso una generale perdita di differenze, tipico delle società sviluppate dell'occidente, non può essere invertito. Ma sarebbe  molto sbagliato darsi da fare a buttare giù tutto q uel che rimane di un po’ strutturato, fare piazza pulita di ogni regola un po’ incerta, di ogni principio o autorità che manifestino segni di instabilità, per “stare al passo con i tempi”.

Al contrario, il compito della scuola e dell’educazione è di rallentare la “perdita di differenze”, in modo da favorire un maggiore lavoro di riflessione e l‘elaborazione di nuovi valori, di nuove sintesi, di nuove forme di rapporti, di nuove identità morali. Si può, si deve, da parte di tutti coloro che operano nel campo dell’educazione, e prima di tutto dei genitori, operare quotidianamente per un rallentamento di tale perdita, non perché possano essere davvero salvate differenze che stanno cadendo, ma perché il differimento dei nuovi comportamenti che si vorrebbero assumere favorisce l’introduzione di discussione e di riflessione. Da tale tensione potranno nascere nuove soluzioni, nuove sintesi.

Tali sintesi si annunciano con la caduta di differenze qualitative più esterne e  con l’affermazione di qualità più interne, più fini, dunque, più trasversali e generali, e perciò, ci si augura, più universali. Così almeno è stato per le passate generazioni. Basta pensare al principio dell’uguaglianza degli uomini nonostante la loro disuguaglianza di nascita, proclamato con la Rivoluzione francese: la differenza esteriore, per nascita, è abbattuta, mentre sono poste qualità più interne e universali, quelle di uomo e cittadino. Così sarà presumibilmente anche ora, poiché non si può proibire che vecchie strutture antropologiche cadano e nuove se ne formino.

 VALORIZZARE L'ASPETTO POSITIVO DI QUESTA EVOLUZIONE

Questi tre elementi: la “perdita di differenze” e di “confini”l’“aumento dell’individuo” (l’emersione di qualità più interne dell’individuo, prima non ammesse nello statuto che definisce l’individuo come soggetto di diritti, ecc.) e l’affermazione di nuovi universalismi sono… tre facce della stessa medaglia (anche una medaglia a tre facce non stupirebbe più nessuno).

Dunque proprio questa tendenza alla compatibilità di tutto con tutto, che  rende più difficile costruire distinzioni e quindi anche il senso morale, il senso dell’autorità ecc., può assumere, nel quadro evolutivo della società, una valenza positiva, anche se non immediatamente visibile. 

Nel mondo occidentale, la caduta delle grandi distinzioni e differenze - e delle grandi divisioni - crea anche, ovviamente, una situazione di identità deboli, aprendo una fase di grave instabilità i cui esiti non si possono facilmente prevedere.

Di buono c’è che tutto questo genera la ricerca di nuove “differenze, cioè di nuovi punti di riferimento che possono essere più universali e più unificanti, meno legati ai particolarismi (sempre che non prevalgano grandi fenomeni di xenofobia: dopo il nazismo – e i vari fascismi - sappiamo che le regressioni sono una possibilità effettiva). La grande linea di tendenza che occorre stimolare e fare emergere – ma con quali tempi? – è quella della costruzione di una società dominata dal principio di inclusione, congeniale ad una società complessa,  laddove il principio di esclusione dovrebbe essere un’espressione regressiva incapace di fondare il futuro.

Si tratta di sviluppare in positivo ciò che è già potenzialmente presente nel processo evolutivo che abbiamo descritto, la valorizzazione di ciò che unisce più che di ciò che divide. Questo sarebbe un fatto grandioso di cui dobbiamo essere promotori razionalmente fiduciosi.

E’ illusorio, secondo questo quadro di analisi, vedere le cose in positivo? In realtà vale la pena di farne un impegno intellettuale, professionale e personale per il quale spendersi; e considerare davvero, senza alcuna esitazione, i bambini e i ragazzi che vediamo tutti i giorni una grande ricchezza, non solo potenziale, nell’oggi e per il domani. Proviamo seriamente a pensare che i bambini e i giovani d’oggi sono diversi, non peggiori. E cerchiamo di vedere, o almeno intravedere, i valori che sono in gestazione nell’epoca che si affaccia.