FEDERALISMO E SCUOLA Apriamo con questo articolo di Francesco Paolo Forti la riflessione su una possibile prospettiva della scuola all'interno dell'ipotesi di riforma federale dello stato. Un tema di assoluta attualità, che fra gli insegnanti suscita molti sospetti e rispetto al quale si può ben dire che ancora grande è la confusione sotto il cielo. |
Scuola: tra autonomia e federalismo
di Francesco Paolo Forti
Le difficoltà italiane nei confronti della riforma federalista dello stato
A ben vedere, con l'occhio di chi come il sottoscritto dopo 35 anni di Italia si è trasferito per lavoro in Svizzera, il federalismo non è cosa poi così complessa da farsi. Settecento anni or sono fu addirittura alla portata di qualche migliaio di contadini, coraggiosi e generosi, nel cuore delle Alpi. Purtroppo ogni cosa, anche la più semplice, in Italia diventa molto complicata. Allora si preferisce optare per alcune scorciatoie, le quali però finiscono con l'essere scambiate per la soluzione vera - e questo sarebbe il male minore - ma che spesso non mantengono nemmeno la promessa, quella cioè di dare un risultato simile in tempi più brevi.
Sul federalismo non si trova accordo in Parlamento e quindi spunta la parola magica alternativa: autonomia.
Anche la recente riforma della seconda parte della Costituzione, approvata in prima lettura negli ultimi mesi del 2000, non è certo una riforma federalista. È solo una riforma del sistema delle autonomie locali e come tale va presa, apprezzata o criticata. Il settore in cui la parola autonomia ha conosciuto una espansione quasi inflazionistica è quello scolastico. Ovviamente l'autonomia non va vista come termine assoluto, autonomia in sé e per sé, ma in termini relativi. Maggiore autonomia. Fin qui tutto bene. In un paese troppo centralizzato come l'Italia, in cui la scuola è strettamente dipendente dalla struttura centrale del Ministero, una maggiore autonomia pare essere la soluzione per ridare energia a strutture deresponsabilizzate e devitalizzate, per non parlare poi delle risorse umane demoralizzate. Tuttavia manca più di un tassello per completare il quadro e renderlo convincente ed operativo. Dire autonomia, staccare gli ormeggi, significa anche dire da chi e chiedersi se il cavo lo dobbiamo solamente staccare o se dobbiamo trovare un posto migliore a cui attaccarlo.
Può la scuola essere realmente autonoma?
Può essere la scuola realmente autonoma? In quali casi e per quali compiti? Sappiamo che nessuno è autonomo al 100%. Anche l'Italia, che è uno Stato-Nazione, è inserita in in contesto economico politico globale per cui possiamo affermare che non è totalmente indipendente ed autonoma.
Ora se non è pienamente autonoma una Nazione, figuriamoci una scuola pubblica, che ha bisogno di risorse, di strutture, di un contesto sociale e culturale che la alimenti e la sorregga. Tutti i discorsi che sento fare in Italia sulla scuola/azienda - tra l'altro un'azienda può fallire, ma una scuola no - sui presidi/manager - come se fosse facile trasformare un preside in manager solo con dei corsi - sono a mio avviso inconcludenti e partono dall'ipotesi, tutta da verificare, che una scuola autonoma dal centro debba essere una scuola scollegata da tutti gli altri soggetti politici democratici.
Perché questa ipotesi? Perché tolto lo stato centrale oggi non ci sono soggetti locali credibili che possano sostituirlo ed allora si cercano soluzioni aziendalistiche e di mercato. Personalmente ritengo che in mancanza di federalismo, e quindi in mancanza di soggetti politici locali autonomi sovrani e responsabili, la scuola autonoma rischi di essere orfana di un collegamento sociale vero con il territorio.
Ma oggi, quali sono gli organi democratici sub-nazionali che possono sostituire lo Stato? Può la Regione, oggi un elefante burocratico e centralizzato non dissimile dallo Stato centrale romano, essere un valido punto di riferimento nel settore educativo quanto a
gestione diretta?
Ipotesi regionalista e ipotesi federalista
Nella ipotesi regionalista chi ci crede afferma di sì, ma a parte il fatto che in 30 anni le Regioni non hanno per nulla brillato quanto a risultati, anzi sono state un sostanziale fallimento, c'è da dire che l'analisi delle realtà nei paesi federali ci mostra che l'educazione è un compito gestionale prettamente locale, comunale e distrettuale (per l'Italia sarebbe a dire "comunale e provinciale") e che le realtà migliori in Italia sono date da piccole regioni come la Valle D'Aosta (sulla dimensione di un piccolo cantone svizzero) o da casi come il Trentino Alto Adige in cui i poteri regionali sono stati trasferiti integralmente alle due province autonome, anche loro di ridotta dimensione rispetto alle grandi regioni italiane.
Allora questo federalismo, che continua ad essere tenuto fuori dalla porta, continua ad affacciarsi alla finestra, come necessità però diversa da quella a cui siamo abituati a pensare. Non so per quale motivo o per quale visione tunnel, in Italia si associa il federalismo alle regioni (più poteri e risorse alle regioni = federalismo).
Probabilmente a furia di sentirlo dire ormai lo si accetta come un dogma indiscusso. Invece basta ragionare sul significato dei principi di sussidiarietà e cooperazione per capire che il federalismo è un assetto politico culturale ed economico che parte dal basso (quanto a responsabilità, autorità, sovranità) e che quindi necessita forzatamente di poteri comunali e distrettuali di gestione che siano forti, efficaci ed efficienti. Inoltre basta osservare i forti poteri locali in Germania e Svizzera - poteri ad organi subregionali e subcantonali che sono responsabili della gestione e delle spese di investimento per scuola, sanità, protezione del cittadino, territorio ed ambiente, assistenza e molte altre cose ancora - per capire che il federalismo non è fatto solo da Stati, Cantoni e Länder ma che trova la vera base della sua efficienza nei compiti cittadini/comunali.
Per esempio in Svizzera i soli compiti comunali sono superiori agli attuali compiti regionali italiani. Anzi a livello di compiti e di spesa i
comuni svizzeri gestiscono in modo politico una mole che supera la somma dei compiti che in Italia sono svolti in modo amministrativo da Comuni, Provincie e Regioni. Se ci riescono, significa che è possibile e faccio notare che ci riescono anche nella parte italiana della Svizzera e che quindi le varie obiezioni sulla valore alieno del federalismo per la cultura italiana sono molto deboli, alla prova concreta dei fatti. Fatti conosciuti da pochi ma che non per questo valgono di meno.
Perché l'autonomia scolastica va collegata alla riforma federale dello stato
Per tornare alla scuola, a mio avviso allora dovremmo sì staccarla dal potere centrale ma non per lasciarla sola ed isolata, in balia di presidi manager e del mercato, ma per affidarla a soggetti politici locali dotati di risorse economiche e del potere necessario (autorità e responsabilità).
Tutto questo però senza il federalismo possiamo scordarcelo. Se rimane l'attuale assetto decentrato, in cui il centro (la politica) decide e la periferia esegue ed amministra, la scuola rischia di cadere dalla padella alla brace, in mano a enti locali deresponsabilizzati e pronti, quando accade (o non accade) qualche cosa, a giocare la carta dello scarica barile. Avere autonomia senza federalismo allora diventa un forte rischio di privatizzazione o di isolamento della scuola dal contesto pubblico. Tuttavia se l'autonomia di per se stessa non è una panacea, sia chiaro che nemmeno il federalismo lo è ma è anche vero che se recentemente si è parlato molto di autonomia, si continua a sapere ben poco di federalismo.
C'è quindi una grossa lacuna da colmare ed è per questo che ho preparato, in un sito che si occupa di illustrare il funzionamento del federalismo svizzero, con particolare riguardo ai due cantoni di lingua italiana, un testo specifico su educazione e federalismo. Non cercateci verità assolute, panacee o cose simili. Solo un tassello in più da usare come mappa per orientarsi in un territorio sempre più intricato.