LA CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTIdi Tiziana Pedrizzi |
La certificazione tradizionale
L'attuale intensificarsi dell'uso del termine Certificazione non deve fare pensare che si tratti di una pratica recente. Se certificare significa infatti dichiarare in modo formale l'oggetto ed il livello degli apprendimenti dei singoli studenti, già la tradizionale modalità di valutazione conteneva in sé chiari elementi di tipo certificativo, utilizzando a tale fine la promozione, la scala dei voti, i rimandi alla sessione autunnale, la bocciatura.
L' abolizione degli esami di riparazione nella scuola secondaria di 2° grado avvenne - è il caso di ricordarlo - con il primo governo Berlusconi (1) fra il diffuso consenso del corpo docente che concordava sulla sostanziale inutilità di questo supplemento di verifiche ai fini del miglioramento. Mancava infatti nel meccanismo stesso istituzionale la individuazione delle precise conoscenze ed abilità che lo studente avrebbe dovuto “recuperare” e ciò ne riduceva l'efficacia. Se l'attribuzione delle materie da riparare nella sessione autunnale è sempre stata discrezionale, dopo l'eliminazione di questi esami la situazione si è comunque aggravata, poiché l'attribuzione dei debiti ha risentito da subito di una forte oscillazione fra l'aspetto formativo (stimolare l'apprendimento) e quello certificativo (attestare il livello di apprendimento), così l'attendibilità degli scrutini si è ulteriormente ridotta.
Va infine ricordato che la certificazione tradizionale ha sempre usato simboli alfanumerici sintetici che presupponevano una tacita convenzione sui significati sottesi. Tale convenzione fu inizialmente caratterizzata da un'esigua discrezionalità dovuta al numero relativamente limitato dei soggetti (insegnanti e studenti della scuola secondaria di 2° grado), e alla loro sostanziale omogeneità culturale e condivisione delle regole. Al cadere di entrambe queste condizioni i simboli rischiano di diventare muti o di inviare messaggi distorti.
L'equivoco fra misurazione e valutazione
Dietro questo tipo di certificazione tradizionale si cela inoltre un equivoco di fondo. Nel nostro sistema, infatti, si confondono e sovrappongono:
- la misurazione (che il singolo docente compie sulla singola prova),
- la valutazione del docente (la pesatura dell'insieme delle prove e di altri fattori comportamentali per arrivare ad un giudizio),
- la valutazione complessiva (che l'insieme dei docenti effettua sull'insieme dei giudizi presentati in sede di scrutinio per arrivare ad una decisione sui passaggi)
- la certificazione (che dichiara quanto l'allievo sa in termini di voti).
Il persistere della norma del RD del 1924, che impone di vincolare la promozione alla sufficienza in tutte le materie (sia pure oggi attenuata da una confusa utilizzazione dell'istituto dei debiti), obbliga a dichiarare acquisite conoscenze ed abilità che non lo sono, per consentire il passaggio alla classe successiva e diminuire il numero delle potenziali bocciature.
Cresce l'esigenza di certificazioni obiettive
Il bisogno di sviluppare senza ambiguità la funzione certificativa deriva da piani differenti e non sempre coincidenti, così sintetizzabili:
- Il bisogno di chiarezza sulle competenze effettivamente acquisite oggi offuscate da voti che solo apparentemente hanno lo stesso valore;
- La sempre più rilevante importanza attribuita al fatto che gli allievi acquisiscano consapevolezza delle loro capacità e delle loro propensioni attraverso un'esplicitazione dettagliata di quanto hanno appreso. La sensibilità pedagogica in questa direzione si va sempre più affermando, come dimostrano le riflessioni e gli orientamenti in proposito presenti nei documenti preparatori alle riforme in Francia ed Inghilterra dell'ottobre 2004;
- La necessità di rendere effettivi ed efficaci i passaggi fra indirizzi e fra sistemi, attraverso una chiara attestazione delle conoscenze e competenze acquisite, in modo che possano essere riconosciute ed integrate. In caso diverso il sistema dei passaggi rischia o di non attivarsi a fronte delle diffidenze delle scuole o di sfociare in un lassismo demagogico al fine di rimpolpare le classi;
- L' esigenza crescente di tracciare un profilo complessivo dell'allievo che sia più ricco di quello fornito dai meri aspetti del curricolo formale. In una società ricca di opportunità ed articolata le occasioni per imparare ed arricchire di esperienze la propria personalità sono variegate.
Il compito della scuola sembra dunque divenuto duplice:
- da un lato costruire i pilastri de gli apprendimenti strumentali di base altrove non producibili;
- dall'altro riconoscere, collocare in un quadro organico e valorizzare ciò che l'allievo acquisisce al di fuori di essa. Oltre a riconoscere, valorizzare ed ancor prima inventariare, spesso con un qualche stupore, quanto la scuola stessa produce di extracurriculare.
Funzioni della certificazione per le diverse età
A tutto questo si deve aggiungere che la certificazione non persegue finalità uguali nelle diverse fasi di età:
- Nella prima fase di costruzione della personalità, anche nel campo cognitivo, prevale il bisogno di garantire uno specchio attendibile ed efficace che rimandi al soggetto la sua immagine aiutandolo in tale modo nella sviluppo, e perciò è preminente la valenza formativa;
- Nella fase successiva intermedia, a questa finalità formativa che permane, si affianca quella orientativa, che utilizza i risultati della certificazione per prevedere e canalizzare le vocazioni;
- Al livello della scuola superiore a queste due finalità si accompagna quella certificativa “forte”, che mira a costruire un profilo completo e ricco del giovane, nel momento in cui esce dal processo di prima formazione.
Confusi mutamenti in Italia negli anni ‘90
Negli anni Novanta in Italia la situazione si è ulteriormente complicata ed aggrovigliata. Nonostante i limiti e con le ambiguità sopra descritte, la certificazione tradizionale ha sopperito ai bisogni del sistema finché non è divenuto prepotente il bisogno di facilitare le percorrenze per aumentare la permanenza dei soggetti nel sistema di formazione e a questo fine necessariamente abbassare la percentuale delle ripetenze. Tale bisogno è entrato in conflitto con il sistema ufficiale di promozione stabilito dal RD del 1924 che richiedeva e richiede a questo fine la sufficienza in tutte le materie.
A queste certificazioni/valutazioni “false” della scuola si sono via via affiancate le certificazioni aggiuntive. Esse hanno per lo più un rapporto parziale con la scuola stessa che patrocina e favorisce fra gli allievi la loro diffusione. Generalmente l'impegno dei diversi istituti scolastici in questo campo è segno della loro vitalità e disponibilità, tuttavia non ci si può esimere dal riflettere sul fatto che si tratta di una delega ad agenti esterni di competenze che pure sono collocate nel curricolo formale di quasi tutti gli indirizzi. Non c'è altro Paese in cui siano tanto diffuse le certificazioni di qualità e le certificazioni linguistiche, perché il pubblico non trova la spinta e/ l'obbligo della qualità in se stesso ma ha bisogno di avere un controllore privato esterno per trovare la forza di imporsela. Non a caso i terreni per questo intervento sono l' inglese e l' informatica, cruciali per il sistema ma non sufficientemente - come il resto - assicurati dal sistema scuola, a causa principalmente della impossibilità di garantire prestazioni minime standard da parte dei docenti.
Cambia anche l'idea di curricolo
Questa tendenza alla certificazione si afferma in coincidenza con un cambiamento di paradigma nell' impostazione del curricolo.
La fase di espansione quantitativa e qualitativa iniziata a partire dagli anni 70 ha visto il moltiplicarsi delle ore di scuola e delle aree disciplinari nel tempo pieno delle elementari, nel tempo prolungato delle medie e – per le superiori - nei Progetti Brocca dei licei e nelle sperimentazioni assistite della Istruzione Tecnica. Probabilmente l'Italia è stato uno dei Paesi in cui la grande tradizione culturale ha generato di più questa enciclopedizzazione del curriculo ed in cui le corporazioni disciplinari divenute cattedre hanno svolto maggiore influenza sulla struttura dei piani di studio.
Dalle indagini internazionali e nazionali una nuova tendenza. Ora però sembra messa decisamente in discussione l'ipotesi per cui l'esposizione quantitativa al tempo scuola necessariamente si traduce in un innalzamento del livello di alfabetizzazione. Le evidenze empiriche fra cui spicca quella dell'analfabetismo funzionale degli adulti evidenziato dalla ricerca ALL gettano una luce chiara sulla crescente insofferenza degli studenti verso le 40 ore degli istituti professionali e sullo spreco di tempo altrettanto evidente che si perpetra nel quinto anno delle scuole superiori. L'attenzione si focalizza sugli apprendimenti di base strumentali linguistici e matematici che si è compreso essere cruciali, sui quali si concentra ora l'attenzione delle rilevazioni internazionali (PISA ) e nazionali (INValSI) ed in un vicino futuro quella della certificazione delle competenze.
La certificazione/valutazione nella legge 53/03
La legge 53/2003 - nell'aspetto che tocca questi punti - è stata finora poco considerata, ma contiene disposizioni che alla lunga potranno rivelarsi più incisive di altre attualmente più sotto l'attenzione del dibattito.
La certificazione viene prevista ed ipotizzata in tutti i suoi aspetti, non solo aggiuntivi ma anche ordinari art 3). In particolare:
- durante il corso degli studi la valutazione si caratterizza come sostanzialmente “interna” cioè affidata ai docenti di classe;
- nelle valutazioni di fine ciclo (fine scuola di base e fine secondaria), che diventano tappe cruciali, una parte è affidata alla valutazione interna (tendenzialmente documentata attraverso il Portfolio) e una parte a prove standardizzate esterne, che sono elaborate e somministrate in modo comune e controllato e corrette secondo griglie da correttori esterni “moderati”.
La certificazione/valutazione nei sistemi scolastici europei
Nei vari sistemi scolastici europei lo sviluppo di tale tendenza (certificazione mista interna ed esterna) sta avvenendo in modo molto lento.
Mentre l'utilizzo della modalità tradizionale continua, tendono a diffondersi le valutazioni standardizzate esterne in momenti cruciali e sulle materie essenziali del core curriculum con funzione multipla di
- valutazione degli studenti
- valutazione del livello di efficienza della scuola
- valutazione complessiva del sistema scolastico nazionale
La diffusione della pratica delle certificazioni interne da parte dei docenti è stata fin qui lenta. Nell'ottobre 2004 ha subito però una brusca accelerazione con la presentazione dei due documenti inglese e francese che preparano mutamenti nei rispettivi sistemi scolastici. In ambedue è presente la proposta di certificare parti significative del curricolo svolto e di documentare/validare altre parti.
Esempi di Paesi in evoluzione
IL CASO INGLESE
In Gran Bretagna i lavori di analisi del Gruppo Tomlinson hanno avuto come obiettivo la ristrutturazione del segmento formativo fra i 14 ed i 19 anni, mirando in particolare al superamento della frammentazione delle certificazioni nell'area della formazione professionale.
Dal punto di vista della valutazione la tendenza è quella di affiancare agli esami esterni (test) la valorizzazione della valutazione interna dei docenti che può più adeguatamente tenere conto delle diverse forme di competenze anche operative e del lavoro svolto durante il corso.
La certificazione esterna dei risultati raggiunti, necessaria per permettere la trasparenza e la flessibilità del sistema (che è stata finora la sola forma di certificazione ammessa), è limitata, in questo modello, ad alcune aree, evitando appesantimenti eccessivi, in particolare alle materie strumentali di base del core curriculum o nucleo fondante, e ai momenti più personali della formazione costituiti dall'area di progetto.
IL CASO FRANCESE
In Francia le proposte della Commissione Thélot , trasformate in dicembre 2004 in progetto di legge, mirano ad individuare modalità differenziate di certificazione.
In attesa di una riforma del Bac - che viene ancora oggi molto difeso nella sua forma tradizionale come valido esame esterno - viene riconsiderata la forma di certificazione finale del Collège (la nostra scuola media). La certificazione esterna dovrà riguardare il Socle (o zoccolo) composto da Lingua 1, Matematica, Inglese della Comunicazione Internazionale e TIC, mentre le altre materie si limiteranno ad essere validate dai docenti.
DANIMARCA E BELGIO
Alcuni altri esempi della articolata differenziazione che sta sviluppandosi nella valutazione sono la Danimarca che chiaramente delinea un modello misto interno-esterno di registrazione dei risultati ed il Belgio dove la struttura modulare con certificazione è prevista nel campo dell' istruzione professionale con finalità di recupero.
La certificazione europea
Un modello potenzialmente rilevante è in fase di elaborazione da parte della Commissione Europea, nella prospettiva di un lancio ufficiale nei primi mesi del 2005. Si tratta di Europass 2005 composto da cinque parti (2) che possono essere utilizzate insieme o separatamente e che potrà essere compilato a livello volontario da qualsiasi giovane dell'area europea.
Le novità del dispositivo sono i due “Supplementi” che costituiscono sostanzialmente un'ossatura di Portfolio certificativo.
In particolare per le scuole italiane potrà costituire un interessante punto di riferimento il “Supplemento” relativo alla formazione professionale, insieme allo schema delle Certificazioni intermedie e finali varato dalla Conferenza Stato-Regioni il 28 ottobre 2004.
Il ruolo dell'Europass 2005 sarà probabilmente di orientamento e di influenza indiretta sui diversi autonomi sistemi scolastici europei . E' probabile infatti che, a partire da uno statuto di volontarietà e di collocazione in soli due ambiti (università e formazione professionale), i suoi elementi fondamentali si diffondano osmoticamente in altre aree della formazione.
Gli aspetti innovativi di prospettiva sono essenzialmente due:
- la precisa individuazione e descrizione degli apprendimenti cruciali da certificare
- la valorizzazione delle attività informali mediante la dichiarazione delle modalità attraverso cui il soggetto ritiene di averle apprese.
I due Portfoli
Finora l'attenzione della normativa e delle scuole si è concentrata sul Portfolio nella sua versione formativa con una centralità sulla osservazione dei percorsi, sulla autovalutazione e sulla valorizzazione dei diversi stili.
E' probabile che la crescente attenzione al tema della certificazione metterà in luce la necessità di costruirgli accanto un portfolio (o libretto) con finalità certificativa, uno strumento cioè che assuma finalità istituzionali e sociali, avendo come interlocutori fondamentali il mondo del lavoro e gli istituti di formazione terziaria.