Una politica azzardata

La decisione di creare una nuova forma di insegnamento superiore è una decisione politica maggiore.

Questo progetto crea in Italia un sistema di formazione che metterà sul mercato del lavoro dei diplomati con due anni di formazione post-secondaria per rispondere, dice il testo, ai bisogni di sviluppo del paese. Non è dunque una decisione accessoria: o si risponde veramente ad un bisogno e allora la domanda di formazione si accelera con tutte le conseguenze in termini di infrastrutture disponibili, di insegnanti adeguati, di gestione dei flussi, ecc … o si sbaglia il bersaglio e si formano dei diplomati inutilizzabili.

Ora, questo progetto sembra collocarsi a metà strada: intende creare una formazione superiore corrispondente agli standard internazionali (il testo è chiaro su questo punto) ma lo fa in modo limitato senza darsi i mezzi per realizzare una vera riforma.

Dobbiamo ricordarci che in Francia, per esempio, il dispositivo degli IUT è passato in 5 anni (1967- 1972) da qualche centinaia di studenti ad un contingente di più di 60.000. In Messico, il sistema è stato avviato nel 1995 con l'apertura di un'istituzione di questo livello (Università tecnologica) e 8 anni dopo, accoglieva più di 50.000 studenti. In Francia, oggi, l'insieme del sistema di insegnamento professionale superiore corto, tutte formazioni pubbliche e private incluse, accoglie 1 studente su 3 che escono dalla scuola superiore di secondo grado. Potrei anche citare l'esempio della Tunisia, della Corea, del Cile …

Nel caso italiano, mi sembra che non ci si ponga nella prospettiva di creare un dispositivo generale d'insegnamento superiore professionale corto. Quello che è previsto non appare come una scelta politica di diversificazione dell'insegnamento superiore, come una volontà di aprire un nuovo “fronte di formazione” per rispondere sia alla massificazione inesorabile dell'insegnamento superiore universitario sia ai bisogni dell'economia. Come ho già detto precedentemente, da un lato lo si considera solo come una “nicchia” di formazione che riguarda alcune specificità nelle quali il paese è deficitario, dall'altro, i flussi previsti appaiono limitati se si analizza bene il testo, e infine, il sistema creato non gode dall'inizio di alcuna dinamica propria, visto che è inquadrato in seno alle “fondazioni”, di cui sono partner principali la scuola secondaria e l'università, del cui interesse a vederlo sviluppare si possono nutrire pesanti dubbi.

D' altronde, non si vede alcun riferimento a studi preliminari in materia di bisogni, di livelli di formazione, di paragoni internazionali ecc … se tutto ciò esiste sembra non essere stato preso in considerazione.

In conclusione, dal mio punto di vista, questo decreto con i suoi 3 allegati (a, b e c) non definisce il nuovo dispositivo in funzione di una identificazione chiara dei bisogni (della società, delle imprese, delle priorità di sviluppo, ecc …) e della loro analisi. Per un tale dispositivo, si dovrebbe inoltre definire il metodo di attuazione in funzione dello scopo: quali infrastrutture? Quali mezzi? Quali insegnanti? Quali diplomi?

Se questo progetto pretende di creare un vero dispositivo di insegnamento superiore professionale corto non universitario, allora credo che la sua struttura sia proprio debole su questo punto e il progetto non si fondi su nessuna giustificazione generale pertinente.

Esiste dunque un rischio molto serio di creare un sistema limitato che:

In conclusione si è facili profeti a prevederne un fallimento economico, sociale, politico, peraltro molto costoso .


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