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LA CARRIERA DEGLI INSEGNANTI

Analisi, riflessioni e proposte dell'ADi


Questione contrattuale o questione di legge?

Consideriamo importante e necessario riprendere una questione su cui siamo tante volte intervenuti su questo sito, ma che continua a non trovare soluzione: la carriera degli insegnanti. E’ uno dei temi che l’ADi ha affrontato fin dal suo nascere e che ha periodicamente riproposto all’attenzione dei colleghi, dei politici e dei sindacalisti, convinti come siamo della sua rilevanza. Ora il Contratto Nazionale di Lavoro firmato il 24 luglio 2003 ha assunto l’ennesimo impegno nei confronti della carriera docente, stabilendo quanto segue:

CCNL 2002-2005 (24/07/ 2003) art. 22 – "… Le parti stabiliscono di costituire, entro 30 giorni dalla firma definitiva del presente CCNL, una commissione di studio tra ARAN, MIUR e OO.SS. firmatarie del presente CCNL, che, entro il 31-12-2003 elabori le soluzioni possibili, definendone i costi tendenziali, per istituire già nel prossimo biennio contrattuale, qualora sussistano le relative risorse, meccanismi di carriera professionale per i docenti”.

Abbiamo buoni motivi di ritenere che anche questo impegno come tanti altri non sarà assolto, se non altro per quella frase finale “qualora sussistano le relative risorse”, che suona davvero poco promettente.

Ma la carriera dei docenti è questione contrattuale o questione di legge, ossia principalmente di un nuovo Stato giuridico?


Una percorso da seguire: la carriera attraverso la legge

La legge delega n. 421/1992 sul Pubblico Impiego, e i relativi decreti legislativi (Dlgs n. 29/1993 trasformato nel Dlgs n. 165/2001), hanno dato il via alla privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, distinguendo fra ciò che rimane riserva di legge e ciò che viene contrattualizzato. Ci sono, per quanto riguarda i docenti, motivi in più rispetto agli altri dipendenti pubblici, per mantenere rigorosamente legificati alcuni istituti normativi. La tutela costituzionale della libertà d’insegnamento e del diritto all’istruzione-educazione determina il nesso diritto-dovere intorno a cui la funzione docente chiarisce tutta la sua specificità e l’impossibilità di essere assoggettata, nei suoi aspetti fondamentali, alla contrattazione tra le parti, nella quale prevalgono, di volta in volta, interessi parziali della categoria e non l’interesse pubblico dell’educazione e dell’istruzione.

Finora di quella legge e di quei decreti si è enfatizzato solo l’aspetto contrattuale, lasciando impropriamente che i contratti intervenissero anche in materia di legge. Occorre invece con urgenza precisare e definire quali siano gli aspetti di competenza della legge e dare corso, senza più indugi, all’aggiornamento dello Stato giuridico stabilito trent’anni fa dal DPR 417/1974 (successivamente ricompreso nel Testo Unico dell’istruzione, Dlgs 297/1994 ), alla luce sia del nuovo del Titolo V della Costituzione, sia del DPR 275/1999, contenente il regolamento dell’autonomia, sia infine della legge delega 53/2003 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale).


La prima operazione da compiere è quella di chiarire ciò che spetta alla legge e ciò che spetta al contratto. Alla luce delle norme vigenti appare plausibile la seguente distinzione:

1. Spetta alla “legge” la promulgazione di un nuovo Stato giuridico che ridefinisca

  • - la funzione docente, fondata sulla libertà di insegnamento, intesa come libertà della funzione a tutela di un inderogabile interesse pubblico;
  • - i diritti e doveri fondamentali degli insegnanti;
  • - la formazione iniziale collegata alla formazione continua;
  • - il reclutamento collegato alla formazione iniziale
  • - la valutazione
  • - la carriera intesa come costruzione di una leadership professionale funzionale alla scuola dell’autonomia

Si ritiene altresì che, per sviluppare appieno il loro processo di professionalizzazione, gli insegnanti dovrebbero usufruire di maggiori autonomi poteri in ordine alle proprie condizioni professionali. A tal fine appare indispensabile la creazione di un organismo di autogoverno della docenza, con il compito prioritario di definire e fare rispettare gli standard professionali (differenziati per le fasi fondamentali della carriera ) e il codice deontologico, nonché di tenere l’Albo.


2. Spettano al “contratto”:

  • - le relazioni sindacali
  • - la retribuzione
  • - l’orario di servizio
  • - la mobilità
  • - le modalità di fruizione della formazione in servizio
  • - le assenze, i permessi, le aspettative
  • - il codice di disciplina
  • Questa necessaria distinzione fra aspetti di legge e aspetti contrattuali, ci serve a meglio definire il quadro entro cui analizzare e proporre soluzioni per la specifica questione della “carriera docente"


Ma esistono già al riguardo norme di legge a cui fare riferimento? Sicuramente due:

1. Il primo riferimento legislativo si trova nell’articolo 21 della legge 59/1997, istitutivo dell’autonomia scolastica, che aveva stabilito che l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto fosse contestuale all’ “individuazione di nuove figure professionali del personale docente” ( Art. 21, comma 16, L.59/97 “... in connessione con l’individuazione di nuove figure professionali del personale docente, …, ai capi d’istituto è conferita la qualifica dirigenziale contestualmente all’acquisto della personalità giuridica e dell’autonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche”).
Ma mentre la dirigenza è stata realizzata, la formalizzazione di una carriera docente è rimasta sulla carta. Nel frattempo l’autonomia delle istituzioni scolastiche è assurta a norma costituzionale con la modifica dell’art. 117 del Titolo V (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), rendendo ancora più urgente e indispensabile l’applicazione della parte citata della legge 59/1997.

2. Il secondo riferimento legislativo è contenuto nella legge delega n.53/2003 di riforma della scuola, precisamente nell’art. 5 (Formazione degli insegnanti) che al comma g) recita: “le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative”.
Un riferimento solo alla sede per la preparazione dei docenti interessati a svolgere queste funzioni, che però difficilmente potranno essere disgiunte da un vero e proprio sviluppo di carriera.


La carriera docente: un equivoco irrisolto

Sulla carriera degli insegnanti ci trasciniamo un equivoco da oltre vent’anni. Vent’anni di fallimenti, perché continuano a scontrarsi due posizioni difficilmente conciliabili, con sporadici tentativi di farle convivere. Noi crediamo che questo nodo debba essere sciolto e una scelta debba essere fatta, tenendo conto sia dell’evoluzione dell’organizzazione scolastica in termini di autonomia sia della particolare situazione italiana, che vede, a differenza che altrove, un persistente esubero di insegnanti rispetto al fabbisogno, in ragione del quale la scuola continua ad essere considerata una sacca per la sottoccupazione e la disoccupazione intellettuale.


Analizziamo ora le due posizioni, con la precisazione che la prima è presente in termini assolutamente maggioritari nei contratti, mentre la seconda è l’unica contemplata dalle leggi.

1. La prima posizione propone un “sistema premiante” per i “bravi” insegnanti, di cui l’ultimo tentativo è stato il “concorsone”. Non siamo i soli a ritenere che l’applicazione nella scuola di “sistemi premianti” sia sbagliata, perché è sbagliata l’impostazione teorica che affida il miglioramento a sistemi di controllo concepiti come “elargizioni di premi e castighi”. La natura di un’organizzazione come quella della scuola richiede un governo fondato sull'integrazione, sulla condivisione di valori, sulla predisposizione a convergere nell'azione, perché se ne condividono le premesse, o, se si vuole usare un termine tecnico, sulla "interiorizzazione" dei valori, non su interventi gerarchici di controllo e supervisione, che sanzionano classificazioni pubbliche – bravi e mediocri – di chi svolge gomito a gomito lo stesso identico lavoro.
Se l’obiettivo è poter disporre di un corpo docente adeguatamente preparato, in un’organizzazione che occupa complessivamente oltre un milione di insegnanti, non servono sistemi premianti, bensì strumenti e percorsi capaci di valutare l’adeguatezza professionale in ingresso e in itinere. A questo riguardo due sono, a nostro avviso, gli interventi necessari:

a) dare attuazione, senza più indugi, ad un’obbligatoria formazione iniziale collegata ad una rigorosa selezione in ingresso, che superi le graduatorie permanenti, e bandisca definitivamente i “concorsi riservati”, oggi estesi persino ai dirigenti;

b) attivare una seria valutazione in itinere del “demerito professionale”, un “demerito” cioè non ridotto alle sole inadempienze burocratiche o a questioni disciplinari. A questo scopo occorre stabilire provvedimenti snelli, puntuali e rigorosi, nonché standard professionali minimi di riferimento.


2. La seconda posizione propone la creazione di una fascia specialistica di docenti con competenze specifiche in ordine al coordinamento didattico, alla ricerca metodologico-didattica, al tutorato, alla progettazione curricolare, alla valutazione degli apprendimenti e alla valutazione di sistema; che si collochi ad un livello intermedio fra il dirigente scolastico e il più generale corpo professionale dei docenti. Questa posizione, già presente nelle norme di legge, si fonda sulla convinzione che la scuola per migliorare ha bisogno non solo di un dirigente capace, ma anche di una diffusa leadership professionale intermedia che sostenga il cambiamento e contribuisca a costruire un ambiente collaborativo, dove nessuno pretende di sradicare di colpo pratiche consolidate, ma tutti, nello sforzo comune di perseguire obiettivi concordati, possano partecipare da protagonisti all'elaborazione e all'attuazione progettuale.

La scuola, tanto più ora che è autonoma, deve poter trovare al suo interno le idee, le risorse professionali e gli strumenti per progredire. Non si tratta di costruire una struttura gerarchica di “comando”, bensì di fornire un’indispensabile “guida” all’interno dell’organizzazione e all’esterno di essa. Non si può continuare a pensare che l’istituto scolastico possa affrontare le sfide dell’autonomia e della riforma della scuola, mantenendo una struttura organizzativa fondata ancora sul sostanziale bipolarismo capo d’istituto/docente affiancato da figure che operano di fatto a livello volontario, senza nessuna formazione e selezione specifica, senza nessun adeguato sviluppo di carriera e riconoscimento economico. È sufficiente riflettere sulle difficoltà insite nella trasformazione di un apparato burocratico, quale è tuttora l’istituto scolastico, in una organizzazione che progetta, valuta, apprende e modifica se stessa, per capire come sia impossibile che una simile metamorfosi avvenga senza la creazione di una leadership professionale intermedia, che guidi insieme al dirigente scolastico il cambiamento.
C’è bisogno, in sostanza, di una ridistribuzione delle responsabilità che dia vita nelle scuole ad una struttura organizzativa articolata e flessibile, in cui docenti con specifiche e certificate competenze occupino ruoli chiave. Da qui l’esigenza di diversificare la carriera degli insegnanti sulla base di funzioni rilevanti sul piano organizzativo e culturale, collegate ad uno specifico inquadramento retributivo.

In tal modo sarà possibile ottenere un duplice effetto: motivare i docenti, che finalmente avranno la possibilità di vedere riconosciuto il proprio impegno professionale, e garantire il funzionamento della struttura organizzativa necessaria e indispensabile ai nuovi compiti degli istituti scolastici autonomi. La creazione di questa fascia specialistica comporta processi di formazione, sulla base di standard definiti, e una rigorosa valutazione selettiva che faccia riferimento alle competenze e alle attitudini necessarie a svolgere tali compiti.

Tutto questo non è materia di contratto ma di legge. Solo quando saranno stati definiti “i contenuti e la specificità” di questa fascia specialistica, come recita l’articolo 21 della legge 59/97, spetterà alla contrattazione definirne l’orario di lavoro e la retribuzione.


Un utile riferimento: la fascia dirigenziale intermedia negli altri servizi

Basterebbe guardare agli altri Servizi, per capire come costruire una fascia di leadership professionale intermedia nella scuola.

Negli altri Servizi la prima operazione è quella di quantificare l’organico. Definito il numero complessivo dei posti, viene bandito il “concorso pubblico” per la loro copertura. Una volta costituita la fascia dirigenziale intermedia, subentra la scelta del Dirigente. Esiste infatti un margine di discrezionalità del dirigente apicale nell’attribuzione degli incarichi specifici. Spetta a lui assegnare “la persona giusta al posto giusto” fra chi è stato, per concorso, inserito in questa fascia di carriera dirigenziale intermedia.

Ciò che avviene negli altri Servizi è pertanto così sintetizzabile:

  1. accesso alla fascia dirigenziale intermedia per pubblico concorso, l’inserimento in questa fascia rappresenta una carriera stabilizzata con retribuzione permanentemente diversificata rispetto a quella di provenienza;
  2. gli incarichi attribuibili a questa fascia sono di nomina del dirigente apicale e prevedono un ulteriore salario accessorio o indennità, che cessa se e quando l’incarico viene revocato;
  3. chi, all’interno della fascia intermedia assume, per nomina del Direttore apicale, specifici incarichi, ha propria autonomia in quell’ambito e risponde dei risultati.


Un’ulteriore precisazione: non esiste negli altri servizi la figura del “vice” o del “vicario”. Il Direttore o dirigente apicale quando ha bisogno di essere sostituito, sia per periodi brevi o brevissimi (es. una riunione) sia per periodi lunghi (es. ferie, malattia, permessi ecc…) nomina a sostituirlo una persona appartenente alla fascia dirigenziale intermedia. Tale nomina si protrae solo per il tempo necessario alla sostituzione del Dirigente apicale, e non costituisce mai in nessun caso carriera a sé stante.

Molti spunti, a noi pare, possono essere presi da questa impostazione generale. Si tratterebbe innanzitutto di quantificare l’organico della fascia specialistica, che potrebbe essere attorno al 20% dell’organico complessivo degli insegnanti. Si dovrebbe poi prevedere un periodo di formazione (v. art. 5 della legge n. 53/2003) a cui accedere tramite preselezione in ingresso. L’accesso definitivo alla fascia dirigenziale intermedia dovrebbe avvenire attraverso rigorose selezioni, e costituire uno sviluppo permanente di carriera, diversa da quella di provenienza. Gli incarichi svolti nel corso del precedente percorso professionale (funzioni obiettivo, vicari, tutor per la formazione) dovrebbero essere riconosciuti come titoli, ma non dovrebbero in nessun caso, noi riteniamo, dare adito a ennesimi concorsi riservati, che escluderebbero a priori una parte consistente di bravi docenti, senza peraltro fornire garanzie che i “riservisti” abbiano più di altri le competenze e le attitudini necessarie.


Un interessante caso straniero: l’Inghilterra

Il Paese europeo in cui la carriera docente risulta più strutturata è sicuramente l’Inghilterra, è pertanto interessante averne conoscienza.

La carriera degli insegnanti inglesi si sviluppa attraverso diverse tappe e articolazioni, che possono essere così sintetizzate:

  1. Insegnante di classe abilitato (Qualified Teacher)
  2. Docente con competenze di livello avanzato (Advanced Skills Teacher – AST),
    un nuova figura istituita nel 1998 per consentire uno sviluppo di carriera collegato strettamente all'insegnamento della propria disciplina. Vi si accede attraverso una procedura nazionale di valutazione esterna alla scuola sulla base di standard nazionali; l'AST svolge attività aggiuntive oltre il normale orario di insegnamento e senza limiti temporali. Si occupa di assistenza ai nuovi assunti, consulenza ai colleghi in merito all’organizzazione della classe e ai metodi d'insegnamento relativi alla propria disciplina, produzione di materiale didattico, tra cui videoregistrazioni di lezioni, organizzazione dell’ aggiornamento, scambi di esperienze con insegnanti di altre scuole. La scala retributiva di un AST è diversa rispetto a quella dei normali docenti, i passaggi stipendiali non sono automatici, ma soggetti a valutazione.
  3. Docenti senior (Senior Teachers),
    costituiscono lo staff dirigenziale della scuola (capi di dipartimento, insegnanti tutor ecc..). È responsabilità della scuola deciderne il numero sulla base del proprio bilancio; sono nominati dall’ autorità scolastica locale (LEA, Local Education Authority), in accordo con il capo d'istituto, sulla base di esperienze e titoli professionali. La loro retribuzione può salire fino a 5 scatti nella scala stipendiale. Nelle scuole elementari e dell'infanzia, spesso non ci sono docenti senior e, dove ci sono, sono di norma limitati a 2, uno per la scuola elementare e uno per la scuola dell'infanzia.
  4. Vicario (Deputy Headteacher),
    ce ne possono essere anche due se la scuola è grande, sono nominati dall'autorità scolastica locale (LEA) attraverso un avviso pubblico, hanno una scala retributiva coordinata con quella dei capi d'istituto, costituendo il primo gradino della carriera dirigenziale; la progressione stipendiale è annuale, come per tutto il corpo docente, ma non automatica, è sottoposta alla valutazione dell'autorità scolastica locale sulla base dei risultati dei tests nazionali degli alunni; della frequenza degli alunni; della gestione finanziaria; dei progressi nel piano d'attività definito dopo ispezione dell'OFSTED (Office for Standards in Education).
  5. Capo d'istituto (Headteacher),
    nominato, come il vicario, dall'autorità scolastica locale (LEA) attraverso un avviso pubblico, ha progressione stipendiale annuale soggetta a valutazione da parte dell'autorità scolastica locale, sulla base degli stessi criteri già elencati per il vicario. Il capo d'istituto è licenziabile, come le altre figure
a cura dell'ADi - settembre 2003