home page

Audizione VII Commissione della Camera dei deputati

(26-02-04)

Osservazioni dell’ADi, Associazione Docenti Italiani, sui due progetti

di legge riguardanti lo stato giuridico degli insegnanti (C. 4091 e C. 4095)


 

• L’ADI è stata in prima fila a sottolineare l’esigenza di ridefinire lo stato giuridico degli insegnanti e ha proposto di legiferare su questo tema fin dalla prima audizione in VII Commissione sulla legge di riforma della scuola.
E’ pertanto con estremo interesse che l’Associazione ha esaminato i due progetti di legge, ai quali riconosce il merito di avere proposto all’attenzione del Parlamento e più in generale del Paese una questione non più eludibile. La libertà di insegnamento e le connesse questioni sullo stato giuridico sono argomenti assolutamente centrali: se non si procede ad una innovazione su questo piano, tutto il resto rischia di essere pregiudicato. E’ questo il terreno su cui si dimostra davvero la volontà di trasformare la scuola.

• E non vi è dubbio che la materia debba essere regolata con legge. Uno degli strumenti essenziali per garantire le libertà costituzionali e le prerogative delle funzioni pubbliche, e quindi anche la libertà di insegnamento, è che la materia sia regolata con legge. Ma proprio qui sorge il punto di maggiore dissenso rispetto ai due progetti di legge: la materia non può essere disciplinata con regolamento governativo. Non è ammissibile che la concreta attuazione della libertà di insegnamento sia demandata ad un atto del solo Governo. La norma costituzionale sulla libertà di insegnamento si limita ad enunciare il principio; di conseguenza, come per le altre libertà, è necessaria una legge. Questa, nel dare attuazione al principio costituzionale, non si deve limitare a riprodurre una definizione della libertà di insegnamento, ma ha il compito di stabilire apposite regole, più precise, in riferimento ai vari aspetti che incidono sulla libertà di insegnamento, come (fra tanti altri): l’identità della funzione docente, l’articolazione della funzione docente o ”carriera”, i rapporti fra docente e dirigente, fra docente e organi collegiali della scuola, i rapporti fra la scuola e gli altri pubblici poteri, le procedure di assunzione, la stabilità del rapporto, ecc. A che serve una norma che contiene un’ottima definizione della libertà di insegnamento, se, poi, vi è un’altra norma che attribuisce particolari poteri invasivi al dirigente scolastico, oppure all’amministrazione comunale, oppure al dirigente generale del ministero? Oppure se vi sono altre norme che non garantiscono l’imparzialità nel reclutamento e nella valutazione, o che non garantiscono una qualche stabilità del rapporto di lavoro? Tutto questo deve essere definito in sede legislativa. Invece ciò che risulta dai due progetti è che si usa la sede legislativa non già per disciplinare veramente la materia, ma per affidarla alla potestà regolamentare del governo, e dunque per sottrarla, e non per darla, al Parlamento. Per tutto questo chiediamo che sia eliminato il ricorso al regolamento. Molti aspetti della funzione docente e dello stato giuridico debbono costituire parte integrante delle “norme generali” sull'istruzione

• L’altra questione, assolutamente centrale, è la necessità di rideterminare in modo preciso gli ambiti in cui può intervenire la contrattazione sindacale. Il sindacato è un fattore essenziale di democrazia e di libertà ed è uno strumento indispensabile per la tutela di chi lavora, ma è solamente uno dei protagonisti e non un protagonista privilegiato: dunque il sindacato deve mantenersi nell’ambito che gli è proprio. La funzione docente, la libertà di insegnamento ed i connessi aspetti della condizione giuridica del personale docente non sono giuridicamente materia di contrattazione sindacale. Sono strutture pubbliche, chiamate ad esercitare compiti pubblici; sarebbe pertanto davvero singolare che se ne potesse disporre solo mediante accordo con soggetti privati o comunque con soggetti a struttura categoriale. Avremmo una sovranità popolare (che si esprime nel Parlamento) “limitata”, limitata dal potere di soggetti non legittimati dalla rappresentanza politica. Tutto questo non è ammissibile, contrasta con la prima norma della Costituzione (sovranità popolare, democrazia rappresentativa). La distinzione che deve essere fatta deve definire con chiarezza ciò che spetta alla legge e ciò che spetta al contratto.

1. Spettano alla “legge”, ossia allo stato giuridico

• la funzione docente, fondata sulla libertà di insegnamento, intesa come libertà della funzione a tutela di un inderogabile interesse pubblico;
• i diritti e doveri fondamentali degli insegnanti;
• la formazione iniziale collegata alla formazione continua;
• il reclutamento collegato alla formazione iniziale
• la valutazione
• la carriera intesa come costruzione di una leadership professionale funzionale alla scuola dell’autonomia
• la creazione di un organismo di autogoverno della docenza, con il compito prioritario di definire e fare rispettare gli standard professionali (differenziati per le fasi fondamentali della carriera) e il codice deontologico, nonché di tenere l’Albo.
• La definizione del datore di lavoro (v. punto “destatalizzazione)

2. Spettano al “contratto”

• le relazioni sindacali
• la retribuzione
• l’orario di servizio
• la mobilità
• le modalità di fruizione della formazione in servizio
• le assenze, i permessi, le aspettative
• il codice di disciplina

Sulla carriera docente. Non vi è dubbio che la definizione di un’articolazione della professione docente fino alla dirigenza scolastica sia compito della legge e non del contratto, consideriamo pertanto improponibile il rimando di questa questione alla commissione mista ARAN e OOSS. C’è peraltro da tempo una legge che indica che come per i dirigenti scolastici anche per le figure intermedie di leadership si deve procedere per legge: l’articolo 21 della legge 59/1997, istitutivo dell’autonomia scolastica, aveva stabilito che l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto fosse contestuale all’ “individuazione di nuove figure professionali del personale docente” (Art. 21, comma 16, L.59/97).
Ma mentre la dirigenza è stata realizzata, la formalizzazione di una carriera docente è rimasta sulla carta. Nel frattempo l’autonomia delle istituzioni scolastiche è assurta a norma costituzionale con la modifica dell’art. 117 del Titolo V (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), rendendo ancora più urgente e indispensabile l’applicazione della parte citata della legge 59/1997.

• Un’ulteriore questione, non più rinviabile dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale (sentenza 13/04) è la de-statalizzazione e regionalizzazione del personale docente; e ciò potrà farsi senza rischio alcuno una volta che si siano fatte le norme generali sulla funzione docente e sulla libertà di insegnamento. Il collegamento fra i due aspetti (regionalizzazione e norme generali sull’istruzione) è strettissimo. Infatti è ovvio che il personale docente sia gravemente preoccupato dell’ipotesi di regionalizzazione se non ha garanzie chiare e compiute di stato giuridico; così come è ovvio che il cittadino della Repubblica sia gravemente preoccupato dell’ipotesi di regionalizzazione di parte del sistema dell’istruzione se non vi sono norme generali uniformi sugli aspetti qualificanti del servizio dell’istruzione.

• Infine vogliamo tornare su una questione che ci sta molto a cuore e che costituisce uno degli elementi su cui l’ADi si è particolarmente spesa: gli organismi tecnici rappresentativi della funzione docente. Esprimiamo grande soddisfazione che questo tema sia approdato in Parlamento attraverso questi progetti di legge. Noi crediamo che questo punto sia oggi quello che può essere oggetto di immediato intervento legislativo. E sarebbe importante farlo, in questo modo il processo di elaborazione di un nuovo volto, chiaro, garantito ed efficace, della funzione docente potrebbe avere una svolta davvero positiva.

Torna su